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Caronte & Tourist S.p.A.

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Reggio, Caronte & Tourist ancora in amministrazione giudiziaria: scatta una terza proroga "rafforzata"

Per la prima volta il presidente del Tribunale Natina Pratticò ha stabilito non solo l’amministrazione giudiziaria della società di navigazione ma anche «l'esonero della governance aziendale dalla gestione dei rapporti con fornitori di beni e servizi

amministratore giudiziario caronte e tourist

È stata prorogata di altri sei mesi l’amministrazione giudiziaria nei confronti della società "Caronte&Tourist Spa", che gestisce il servizio di traghettamento sullo Stretto di Messina. Lo ha deciso la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto .

L'amministrazione giudiziaria è stata disposta nel gennaio 2021 e questa è la terza proroga perché «sulla scorta della relazione delle amministratrici giudiziaria, - è scritto nel provvedimento dei giudici - si evince la necessità di completare il programma di sostegno alla società amministrata , al fine di rimuovere le situazione di fatto e di diritto che, costituendo pericolo di infiltrazione criminale e di assoggettamento alle cosche di 'ndrangheta operanti nel territorio calabrese , hanno determinato la misura».

Per la prima volta il presidente del Tribunale Natina Pratticò ha stabilito non solo l’amministrazione giudiziaria della società di navigazione ma anche « l'esonero della governance aziendale dalla gestione dei rapporti con fornitori di beni e servizi ». Il gruppo Franza, proprietario della Caronte, infatti è esonerato per i prossimi sei mesi dal gestire pure i «rapporti di cessione a terzi di beni e servizi aziendali». Di tutto si dovranno occupare gli amministratori giudiziari che assumeranno il controllo dei vari settori dell’azienda.

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Amministrazione giudiziaria per la "Caronte & Tourist Spa"

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La "Caronte & Tourist Spa", società di navigazione privata che effettua il traghettamento tra Calabria e Sicilia, è stata posta in amministrazione giudiziaria per sei mesi nell'ambito di un provvedimento eseguito questa mattina dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria. Secondo l'indagine, denominata "Scilla e cariddi", coordinata dalla procura distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, la società, valutata 500 milioni di euro, avrebbe agevolato esponenti della 'ndrangheta.

Beni del valore di circa 800.000 euro sono stati sequestrati, nell'ambito dell'operazione della Dia e della Dda di Reggio Calabria  che stamani ha portato all'esecuzione di un provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria per la società "Caronte & Tourist Spa, con sede a Messina, che gestisce i collegamenti nello Stretto, a Massimo Buda, dipendente della società e figlio di Santo Buda, appartenente all'omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata, secondo gli inquirenti, alla cosca Imerti-Condello attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni e territori limitrofi.

Il sequestro comprende 2 ditte individuali comprensive dell'intero patrimonio aziendale con sede a Villa San Giovanni; 5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile per complessivi 700 metri quadri; 2 appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni; un appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone; disponibilità finanziarie.

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Torna in regime di gestione ordinaria la società “Caronte&Tourist spa

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Torna in regime di gestione ordinaria la società “Caronte&Tourist spa”, leader del servizio di traghettamento fra le due sponde dello Stretto di Messina. Alla scadenza naturale della terza e ultima proroga dell’amministrazione giudiziaria, concessa lo scorso agosto, la Procura della Repubblica di Reggio non ha avanzato alcuna ulteriore richiesta al Tribunale, che di conseguenza ha di fatto “restituito” la società alla piena gestione della governance ordinaria (presidente Olga Mondello Franza, amministratori delegati Pietro Franza e Lorenzo Matacena). L’amministrazione giudiziaria di “Caronte&Tourist spa” era stata disposta a febbraio 2021 dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto, a seguito dell’indagine “Scilla e Cariddi” coordinata dalla Procura reggina. «Sulla scorta della relazione degli amministratori giudiziari – era scritto nell’ultimo provvedimento di proroga – si evince la necessità di completare il programma di sostegno alla società amministrata, al fine di rimuovere le situazione di fatto e di diritto che, costituendo pericolo di infiltrazione criminale e di assoggettamento alle cosche di ’ndrangheta operanti nel territorio calabrese, hanno determinato la misura».

fonte https://www.telemia.it/2023/02/trasporti-sullo-stretto-la-societa-caronte-tourist-torna-alla-gestione-ordinaria/

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Stretto di Messina, Caronte&Tourist in amministrazione giudiziaria

La società di traghettamento dello stretto di messina che vale 500 milioni è accusata di aver agevolato le cosche calabresi.

di Nino Amadore

3 febbraio 2021

amministratore giudiziario caronte e tourist

3' di lettura

La Caronte&Tourist, la società che si occupa del traghettamento sullo Stretto di Messina collegando quotidianamente Villa San Giovanni al capoluogo siciliano, avrebbe agevolato gli esponenti della ’ndrangheta reggina affidando a imprese riconducibili agli esponenti delle ’ndrine vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi. C’è tutto questo e non solo alla base del provvedimento di amministrazione giudiziaria ai sensi dell’articolo 34 del Codice antimafia emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria di cui è presidente Ornella Pastore ed eseguito dagli uomini della Dia coordinati dalla Procura antimafia reggina guidata da Giovanni Bombardieri. Per sei mesi, dunque, la Caronte&Tourist, sarà amministrata da uomini dellO Stato: il Gruppo è storicamente controllato dalle famiglie Franza di Messina e Matacena (Amedeo, ex parlamentare di Forza Italia, oggi latitante a Dubai, è da sempre ritenuto vicino alle ’ndrine) di Reggio Calabria che un paio di anni fa hanno aperto al fondo inglese Basalt che ne ha rilevato il 30% delle quote. Caronte&Tourist, secondo stime della Dia diretta da Maurizio Vallone, vale 500 milioni e ha un capitale sociale di 2.374.310 euro, dà lavoro a 1.200 persone e ha una costellazione societaria molto ampia con 23 società controllate nel settore della navigazione e non solo.

«Mi preme sottolineare che la misura dell'amministrazione giudiziaria presuppone che il titolare dell'azienda sia terza rispetto ai soggetti pericolosi - ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Bombardieri -.Non si parla di controllo dell'azienda. Ove ci fosse stato un controllo, ben altre sarebbero state le misure da adottare. Qua non stiamo parlando di un sequestro finalizzato alla confisca ma di un'amministrazione giudiziaria svolta nell'interesse della stessa società per consentire di bonificare quelle situazioni che si sono verificate. È evidente che si parla di agevolazione che si è sviluppata con quei servizi che hanno consolidato le cosche di riferimento di determinati soggetti».

Due i personaggi al centro della vicenda. Uno è Massimo Buda, figlio dello storico esponente di ’ndrangheta  Santo, nell’ottobre dell’anno scorso condannato in appello a 14 anni e 8 mesi nel cosiddetto processo Sansone perché ritenuto reggente della cosca Buda-Imerti Condello di Villa San Giovanni. Per Buda, ritenuto la longa manus del padre all’interno di Caronte&Tourist, la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro di un patrimonio stimato in 800mila euro. L’altro personaggio chiave di questa storia è Domenico Passalacqua, già condannato per mafia e destinatario di una misura di prevenzione personale e patrimoniale. L’indagine è stata condotta dagli uomini della Direzione investigativa antimafia coordinati dai sostituti procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto e dai procuratori Calogero Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo. Alla base gli accertamenti, del procedimento denominato Scilla&Cariddi accertamenti patrimoniali ma anche il racconto di diversi collaboratori di giustizia. Sia Buda che Passalacqua erano dipendenti di Caronte&Tourist e titolari sia direttamente che tramite prestanomi di imprese che gestivano i servizi di bar e ristorazione, di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcavano sui traghetti del Gruppo Caronte&Tourist. «Le vicende della società che ha gestito il traghettamento sullo Stretto storicamente ha suscitato gli interessi mafiosi - ha aggiunto il procuratore aggiunto Gaetano Paci -. Quello che è stato focalizzato con il provvedimento di oggi è che questi interessi mafiosi nel tempo hanno trovato un radicamento attraverso lo sfruttamento delle capacità imprenditoriali della società. Nel fare questo si è tenuto conto del ruolo criminale di questi soggetti».

Non solo: il gruppo di navigazione ha assunto anche soggetti segnalati da Buda e Passalacqua cui sarebbe stata anche garantita la retribuzione durante la latitanza e la permanenza in carcere. A Buda, invece, sarebbe stata garantita una rapida e brillante carriera affidandogli il ruolo di promuovere e gestire le nuove assunzioni e la delega per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori. Secondo gli investigatori questo provvedimento certifica che la «’ndrangheta non si rapporta più con la forza dell’intimidazione ma è sempre di più imprenditrice, in questo caso con società di servizi, sfruttando la forza di determinati nomi». La società avrebbbe coinvolto anche rappresentanti istituzionali nel Cda proponendo, «apparentemente» dicono gli inquirenti, un’azione di legalità. «La nostra attività - ha detto Giuseppe Lombardo che ha ricordato l'inchiesta “Breakfast” sugli interessi e l'operatività del gruppo Matacena nel settore del traghettamento sullo Stretto di Messina - ritengo debba estendersi per andare a comprendere come opera in questo territorio il cosiddetto indotto mafioso che non è mafia ma di mafia vive».

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Il 14 maggio 2024 è iniziato il potenziamento infrastrutturale nel porto di Brindisi con l’infissione dei pali per le nuove briccole. Il progetto prevede l’installazione di piattaforme metalliche per l’ormeggio sicuro delle navi ro-ro per aumentare sicurezza e capacità operativa dello scalo.

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Gnv, parte del Gruppo Msc, è tra i primi a installare il software Napa Stability per traghetti, potenziando la sicurezza e l’efficienza delle operazioni di navigazione. Questa tecnologia integra nuove funzionalità che facilitano la comunicazione e la trasparenza dei dati tra nave e terra.

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Caronte & tourist in amministrazione giudiziaria per sei mesi.

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La mattina del 3 febbraio 2021 la Direzione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria ha eseguito il provvedimento di amministrazione giudiziaria nei confronti della compagnia marittima Caronte & Tourist, emesso dalla Procura del capoluogo calabrese nell’ambito dell’operazione Scilla e Cariddi, dove la società messinese è accusata di avere agevolato esponenti della ‘Ndrangheta nell’ambito dell’inchiesta Scilla e Cariddi. L’amministrazione giudiziaria durerà sei mesi.

Secondo l’accusa, le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia avrebbero fatto emergere la “permeabilità” della compagnia siciliana a infiltrazioni della criminalità organizzata e l'agevolazione in favore di alcuni soggetti “legati ad articolazioni della ‘Ndrangheta”.

In particolare, gli inquirenti hanno individuato due dipendenti della società come “portatori d’interessi” delle cosche mafiose, tramite l’affidamento a imprese riferibili a loro di alcuni servizi a bordo delle navi della Caronte & Tourist che navigano tra Sicilia e Calabria. Tra i servizi posti sotto indagine c’è anche la prenotazione dei viaggi sui traghetti delle imprese di autotrasporto.

Caronte & Tourist è attiva soprattutto nel traghettamento attraverso lo Stretto di Messina e ha un valore di circa 500 milioni di euro, grazie anche a partecipazioni in altre società. L’amministrazione giudiziaria ha lo scopo di “bonificare e impermeabilizzare” la società dal rischio di ulteriori infiltrazioni mafiose.

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Ndrangheta, prorogata l’amministrazione giudiziaria di Caronte&Tourist Spa

In alcune situazioni, si continua a registrare "un atteggiamento di riluttanza ed insofferenza ai controlli dell’amministrazione da parte della governance aziendale"

È stata prorogata di altri sei mesi l’amministrazione giudiziaria nei confronti della società “Caronte&Tourist Spa”, che gestisce il servizio di traghettamento sullo Stretto di Messina. Lo ha deciso la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto.

L’amministrazione giudiziaria è stata disposta nel gennaio 2021 e questa è la terza proroga perché “sulla scorta della relazione delle amministratrici giudiziaria – è scritto nel provvedimento dei giudici – si evince la necessità di completare il programma di sostegno alla società amministrata, al fine di rimuovere le situazioni di fatto e di diritto che, costituendo pericolo di infiltrazione criminale e di assoggettamento alle cosche di ‘Ndrangheta operanti nel territorio calabrese, hanno determinato la misura”. Per la prima volta il presidente del Tribunale Natina Pratticò ha stabilito non solo l’amministrazione giudiziaria della società di navigazione ma anche “l’esonero della governance aziendale dalla gestione dei rapporti con fornitori di beni e servizi”.

Il gruppo Franza, proprietario della Caronte, infatti è esonerato per i prossimi sei mesi dal gestire pure i “rapporti di cessione a terzi di beni e servizi aziendali”. Di tutto si dovranno occupare gli amministratori giudiziari che assumeranno il controllo dei vari settori dell’azienda.

Nell’ultimo anno e mezzo, “sono stati introdotti nell’ambito di un’organizzazione complessa, quale quella della Caronte&Tourist Spa – si legge nel provvedimento – una serie variegata di sistemi di prevenzione, controllo e monitoraggio di situazioni a rischio infiltrazione mafiosa di cui la stessa società (rectius l’intero gruppo societario) precedentemente, pur operando in un territorio ad alta densità mafiosa, era incredibilmente priva. Detti strumenti sono stati via via implementati ed essi sono ancora in corso di affinamento e perfezionamento, sicché l’apprezzabile sforzo dell’amministrazione giudiziaria è quello di realizzare l’obiettivo che non si traducano in mere iniziative sulla carta, ma si confermino quali mezzi di efficace prevenzione del rischio di permeabilità della società amministrata da parte di apparati criminali territoriali e non, che, di certo, indirizzano i loro appetiti nei confronti di una società, quale la Caronte&Tourist spa che, nel settore dei trasporti nello Stretto di Messina, ha una posizione dominante, con conseguenti ingentissimi ricavi”.

“L’opera di bonifica non può dirsi ancora conclusa”. Hanno scritto così i giudici secondo cui, in alcune situazioni, si continua a registrare un atteggiamento di riluttanza ed insofferenza ai controlli dell’amministrazione da parte della governance aziendale”.

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In amministrazione giudiziaria la Caronte & Tourist

Le indagini avrebbero fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società Caronte & Tourist Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata

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Reggio Calabria - Beni del valore di circa 800.000 euro sono stati sequestrati, nell’ambito dell’operazione della Dia e della Dda di Reggio Calabria che staman i ha portato all’esecuzione di un provvedimento che dispone l’amministrazione giudiziaria per la società Caronte & Tourist Spa , con sede a Messina, che gestisce i collegamenti nello Stretto, a Massimo Buda, dipendente della società e figlio di Santo Buda, appartenente all’omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata, secondo gli inquirenti, alla cosca Imerti-Condello attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni (RC) e territori limitrofi.

Il sequestro comprende 2 ditte individuali comprensive dell’intero patrimonio aziendale c on sede a Villa San Giovanni; 5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile per complessivi 700 metri quadri; 2 appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni; un appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone (Mi); disponibilità finanziarie. Il decreto del Tribunale è stato emesso su richiesta dei Sostituti procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto, coordinati dai Procuratori Aggiunti Calogero, Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo, che hanno delegato alla Dia gli accertamenti patrimoniali.

Le indagini avrebbero fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società Caronte & Tourist Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata , nonchè l’agevolazione garantita dalla stessa società in favore di più soggetti legati alla ’ndrangheta. In particolare sarebbero stati individuati in Domenico Passalacqua, già destinatario di una misura di prevenzione personale e patrimoniale, ed in Massimo Buda (quest’ultimo anche nella qualità di rappresentante del padre Santo, esponente apicale dell’omonima cosca), entrambi dipendenti del società marittima, i portatori degli interessi della ’ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa.

Gli interessi economici dei due sarebbero stati garantiti attribuendo a imprese a loro collegate vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi. Le imprese nella disponibilità di citati Buda e Passalacqua, in particolare, avrebbero gestito, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni , nonchè i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte & Tourist. La società è valutata mezzo miliardo di euro.

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Prorogata l’amministrazione giudiziaria della “Caronte & Tourist Spa” – Stampalibera.it

Ultimo aggiornamento 17-05-2024 19:00

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Prorogata l’amministrazione giudiziaria della “Caronte & Tourist Spa”

E’ stata prorogata di altri sei mesi l’amministrazione giudiziaria nei confronti della societa’ “Caronte&Tourist Spa”, che gestisce il servizio di traghettamento sullo Stretto di Messina.

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Lo ha deciso la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto. L’amministrazione giudiziaria e’ stata disposta nel gennaio 2021 e questa e’ la terza proroga perche’ “sulla scorta della relazione delle amministratrici giudiziaria, – e’ scritto nel provvedimento dei giudici – si evince la necessita’ di completare il programma di sostegno alla societa’ amministrata, al fine di rimuovere le situazione di fatto e di diritto che, costituendo pericolo di infiltrazione criminale e di assoggettamento alle cosche di ‘ndrangheta operanti nel territorio calabrese, hanno determinato la misura”.

Per la prima volta il presidente del Tribunale Natina Prattico’ ha stabilito non solo l’amministrazione giudiziaria della societa’ di navigazione ma anche “l’esonero della governance aziendale dalla gestione dei rapporti con fornitori di beni e servizi”. Il gruppo Franza, proprietario della Caronte, infatti e’ esonerato per i prossimi sei mesi dal gestire pure i “rapporti di cessione a terzi di beni e servizi aziendali”. Di tutto si dovranno occupare gli amministratori giudiziari che assumeranno il controllo dei vari settori dell’azienda.

Nell’ultimo anno e mezzo, “sono stati introdotti nell’ambito di un’organizzazione complessa, quale quella della Caronte&Tourist Spa, – si legge nel provvedimento – una serie variegata di sistemi di prevenzione, controllo e monitoraggio di situazioni a rischio infiltrazione mafiosa di cui la stessa societa’ (rectius l’intero gruppo societario) precedentemente, pur operando in un territorio ad alta densita’ mafiosa, era incredibilmente priva. Detti strumenti sono stati via via implementati ed essi sono ancora in corso di affinamento e perfezionamento, sicche’ l’apprezzabile sforzo dell’amministrazione giudiziaria e’ quello di realizzare l’obiettivo che non si traducano in mere iniziative sulla carta, ma si confermino quali mezzi di efficace prevenzione del rischio di permeabilita’ della societa’ amministrata da parte di apparati criminali territoriali e non, che, di certo, indirizzano i loro appetiti nei confronti di una societa’, quale la Caronte&Tourist spa, che, nel settore dei trasporti nello Stretto di Messina, ha una posizione dominante, con conseguenti ingentissimi ricavi”. “L’opera di bonifica non puo’ dirsi ancora conclusa”. Hanno scritto cosi’ i giudici secondo cui, in alcune situazioni, “si continua a registrare un atteggiamento di riluttanza ed insofferenza ai controlli dell’amministrazione da parte della governance aziendale”.

Per la prima volta il presidente del Tribunale Natina Pratticò ha stabilito non solo l’amministrazione giudiziaria della società di navigazione ma anche « l'esonero della governance aziendale dalla gestione dei rapporti con fornitori di beni e servizi ». Il gruppo Franza, proprietario della Caronte, infatti è esonerato per i prossimi sei mesi dal gestire pure i «rapporti di cessione a terzi di beni e servizi aziendali». Di tutto si dovranno occupare gli amministratori giudiziari che assumeranno il controllo dei vari settori dell’azienda.

L’interrogazione parlamentare.

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Fine dell’amministrazione giudiziaria in casa “Caronte&Tourist spa” . Dopo l’ultima proroga richiesta e concessa lo scorso agosto, adesso appunto scaduta, la Procura della Repubblica di Reggio Calabria non ha avanzato ulteriore istanza di proroga dell’amministrazione giudiziaria al Tribunale. Significa che la società di traghettamento torna in regime di gestione ordinaria, e d’ora in avanti sarà pienamente amministrata dal presidente Olga Mondello Franza e dagli amministratori delegati Pietro Franza e Lorenzo Matacena.

“Caronte&Tourist spa” era stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria a febbraio 2021 dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto, a seguito dell’ indagine “Scilla e Cariddi” coordinata dalla Procura reggina. Amministrazione giudiziaria che era stata disposta quale forma di tutela proprio della stessa C&T. «Non si parla di controllo dell’azienda da parte della ‘ndrangheta – aveva spiegato Bombardieri – Ove ci fosse stato un controllo, ben altre sarebbero state le misure da adottare. Qua non stiamo parlando di un sequestro finalizzato alla confisca ma di un’amministrazione giudiziaria svolta nell’interesse della stessa società per consentire di bonificare quelle situazioni che si sono verificate . È evidente che si parla di agevolazione che si è sviluppata con quei servizi che hanno consolidato le cosche di riferimento di determinati soggetti». (V.e.D.)

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La compagnia di traghetti Caronte & Tourist posta in amministrazione giudiziaria

La compagnia di navigazione Caronte&Tourist è stata posta in amministrazione giudiziaria per sei mesi nell’ambito di un provvedimento eseguito stamattina dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. L’operazione è stata denominata “Scilla e Cariddi” e l’accusa per la società è quella di avere […]

Elio (copyright Caronte&Tourist)

Le indagini avrebbero fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della Caronte&Tourist Spa rispetto a infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l’agevolazione garantita dalla stessa azienda in favore di più soggetti legati alle locali articolazioni di ‘ndrangheta.

In particolare sono stati individuati in Domenico Passalacqua e in Massimo Buda, entrambi dipendenti della compagnia di navigazione, i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa. Gli interessi economici sotto accusa sarebbero stati garantiti attribuendo a imprese a essi riferibili vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi.

In particolare, secondo gli inquirenti, queste imprese – di fatto nella disponibilità dei due personaggi citati, hanno potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar-ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte&Tourist.

L’amministrazione giudiziaria, ai sensi dell’art. 34 del Codice Antimafia, è finalizzata ad intervenire nella governance di Caronte & Tourist Spa, in funzione di bonifica e impermeabilizzazione della struttura aziendale dal rischio di future e ulteriori contaminazioni criminali e interferenze mafiose.

La compagnia di navigazione destinataria del provvedimento detiene numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni.

Si tratta a questo punto della seconda compagnia di traghetti siciliana finita in amministrazione giudiziaria dopo il caso di Liberty Lines che tutt’oggi, dall’avvio dell’inchiesta ribattezzata Mare Monstrum, ha come amministratore l’avvocato Marco Montalbano operativo al vertice in raccordo con il Consiglio d’amministrazione della società. Liberty Lines fra l’altro controlla congiuntamente proprio con Caronte & Tourist la Società di Navigazione Siciliana cui fa capo l’ex compagnia pubblica regionale Siremar.

Con una nota la presidente del Gruppo Caronte & Tourist, Olga Mondello Franza, ha espresso la posizione dell’azienda dicendo: “Riteniamo di dover rassicurare clienti, dipendenti, fornitori e tutti gli altri stakeholder riguardo al provvedimento emesso oggi dal Tribunale di Reggio Calabria, che ha disposto l’amministrazione giudiziaria per la Caronte & Tourist S.p.a. Si tratta, come si legge nel provvedimento stesso, di uno strumento innovativo previsto dalla legge che prevede un ‘controllo giudiziario’ sull’attività dell’impresa, che continua senza alcuna limitazione oggettiva o soggettiva, e senza alcuna modifica dei vertici. Essa, infatti, ha come necessario presupposto che l’azienda non sia assolutamente riconducibile a soggetti socialmente pericolosi e che vada anzi affiancata e coadiuvata proprio per evitare il rischio di infiltrazione”.

La presidente del gruppo Caronte & Tourist poi chiarisce che “nella fattispecie il provvedimento prende le mosse da situazioni che risalgono a periodi remoti e che comunque non hanno mai avuto alcun riferimento alla normale operatività aziendale. Il Gruppo Caronte & Tourist, d’altra parte, si è da tempo dotato di strumenti procedurali e ha assunto forme di governance indirizzate alla radicale eliminazione di qualunque elemento di opacità nello svolgimento del proprio business”.

La nota della compagnia si conclude confermando la “fiducia non formale nell’operato della Magistratura. Siamo certi che in tempi ancor più brevi di quelli usualmente previsti per situazioni siffatte riusciremo a dimostrare la assoluta liceità delle nostre attività e l’importante percorso di legalità che ci vede da tempo protagonisti”.

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“caronte&tourist permeabile alle infiltrazioni mafiose”: ecco perché la società di navigazione è finita in amministrazione giudiziaria.

“Caronte&Tourist permeabile alle infiltrazioni mafiose”: ecco perché la società di navigazione è finita in amministrazione giudiziaria

È quanto scrive la presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Ornella Pastore, nel provvedimento con il quale è stata disposta l’amministrazione giudiziaria del colosso che ha un valore di mezzo miliardo di euro e che gestisce il traghettamento sullo Stretto di Messina: i portatori degli interessi della ‘ndrangheta sono l’imprenditore Domenico Passalaqua e Massimo Buda, figlio del boss Santo

“Sussistono più che ‘sufficienti indizi’ della permeabilità della società Caronte&Tourist rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata , nonché della agevolazione in favore di più soggetti legati alle locali cosche di ‘ndrangheta”. È quanto scrive la presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, Ornella Pastore , nel provvedimento con il quale è stata disposta l’ amministrazione giudiziaria del colosso che ha un valore di mezzo miliardo di euro e che gestisce il traghettamento sullo Stretto di Messina . Il provvedimento è stato eseguito stamattina dalla Dia coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri , dagli aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci e dai sostituti della Dda Stefano Musolino e Walter Ignazitto .

Stando alle indagini, i portatori degli interessi della ‘ndrangheta agevolati dalla Caronte & Tourist (il cui capitale sociale è di 2.374.310 euro) sono l’imprenditore Domenico Passalaqua e Massimo Buda . Da mero lavoratore nel piazzale, quest’ultimo ha fatto carriera. Secondo gli investigatori, è la “longa manus” di suo padre, il boss Santo Buda condannato a 14 anni e 8 mesi di carcere nel processo Sansone (che si è concluso da poco in Appello) ed esponente apicale dell’omonima cosca federata agli Imerti-Condello . Passalacqua, invece, è un imprenditore che è stato condannato per mafia in via definitiva nel processo Meta. L’agevolazione garantita dalla Caronte a Passalacqua “si era manifestata sulla sua persona – è scritto nel provvedimento – in relazione alla sua assunzione ed alla successiva conservazione del rapporto di dipendenza nonostante la latitanza”.

In sostanza, non ha mai smesso di essere dipendente della società sia quando era sfuggito all’arresto sia nel periodo di detenzione. “L’agevolazione – scrivono i giudici – è giunta al punto da garantirgli la retribuzione senza farlo lavorare”. Non solo: “I suoi interessi economici sono stati garantiti attraverso i servizi di somministrazione di cibi e bevande sugli imbarcaderi della Caronte&Tourist, garantiti alla Caap Service Srl” . Ma anche attraverso “i servizi di pulizia , disinfezione, disinfestazione , derattizzazione e sanificazioni forniti alla Cartone dal parte della Vep Services società cooperativa”.

Nei confronti di Massimo Buda, invece, l’agevolazione si è manifestata con “la sua assunzione, con la rapida e brillante progressione di carriera , con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra i dipendenti o con i fornitori ovvero ancora con i clienti e con la concessione di biglietti omaggio da gestire per alimentare la percezione sociale del suo ruolo dominante nella Spa”. Inoltre, “gli interessi economici di Massimo Buda – è scritto sempre nel provvedimento del Tribunale – sono stati agevolati in relazione alla fornitura dei servizi di disinfestazione e derattizzazione alla Caronte da parte della Carist di Teodoro Cristiano (suo cognato, ndr ), nonché alla fornitura dei servizi di prenotazione per l’imbarco degli autotrasportatori, garantiti alla Cam service Srl”.

“In realtà, – sostengono i giudici – l’agevolazione degli interessi del Passalacqua e del Buda non è che il riflesso specifico di una complessiva strumentalizzazione dell’impresa agli interessi della ‘ndrangheta (e in particolare della cosca Buda-Imerti) di cui anche i due citati sono portatori”. Con il provvedimento di amministrazione giudiziaria della Caronte&Tourist, in sostanza, la Dda ha inteso bonificare e impermeabilizzare la struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose . A Massimo Buda, infine, sono stati sequestrati beni per circa 800mila euro . Oltre a diverse disponibilità finanziarie, la Dia ha applicato i sigilli a due ditte individuali, 5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile, 2 appartamenti e un garage a Villa San Giovanni , un appartamento con box e piccolo vano cantinato a Lissone , in provincia di Monza e Brianza.

Nel provvedimento del Tribunale è finito anche un verbale del pentito Vincenzo Cristiano che il 3 maggio 2017 ha spiegato al pm Walter Ignazitto come la cosca Bertuca poteva attraversare gratuitamente lo Stretto. “Non abbiamo pagato, no mai… – dice il collaboratore di giustizia – non pagavamo perché avevamo il biglietto omaggio … Più che altro ce li ha la politica perché glieli mandano tutti i mesi… Il gruppo Caronte gli manda 50 biglietti alla politica e poi al sindaco e il sindaco poi li distribuisce ai vari assessori . Lo so perché me l’ha dato qualche volta il sindaco, qualche volta il presidente del consiglio , qualche volta qualche assessore… ma di più a me li ha dati il sindaco… Antonio Messina (l’ex sindaco di Villa San Giovanni, ndr )”.

“Mi preme sottolineare che la misura dell’amministrazione giudiziaria presuppone che il titolare dell’azienda sia terzo rispetto ai soggetti pericolosi”, ha chiarito il procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Bombardieri secondo cui “non si parla di controllo dell’azienda . Ove ci fosse stato un controllo, ben altre sarebbero state le misure da adottare. Qua non stiamo parlando di un sequestro finalizzato alla confisca ma di un’amministrazione giudiziaria svolta nell’ interesse della stessa società per consentire di bonificare quelle situazioni che si sono verificate”. Per il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, “quello di oggi è sicuramente tra i più importanti provvedimenti di amministrazione giudiziaria che siano mai stati eseguiti in Italia”.

“La nostra attività – ribadisce il magistrato – ritengo debba estendersi per comprendere come opera nel nostro territorio l’ indotto mafioso che non è mafia ma spesso e volentieri vive di mafia e beneficia delle sue logiche . Speriamo che quest’ esperimento possa servire anche da modello per operazioni simili da svolgere in futuro beneficiando di tutti gli strumenti per noi indispensabili” nel contrasto alla ‘ndrangheta. “Le vicende della società che ha gestito il traghettamento sullo Stretto storicamente ha suscitato gli interessi mafiosi.ì – ha sottolineato il procuratore aggiunto Gaetano Paci – Quello che è stato focalizzato con il provvedimento di oggi è che questi interessi mafiosi nel tempo hanno trovato un radicamento attraverso lo sfruttamento delle capacità imprenditoriali della società. Nel fare questo si è tenuto conto del ruolo criminale di questi soggetti”.

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‘ndrangheta, amministrazione giudiziaria della caronte. la dda: “provvedimento per bonificare da infiltrazioni”.

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amministratore giudiziario caronte e tourist

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Adn Kronos

Roma, 18 mag. (Adnkronos) - Vasta operazione della Polizia di Stato sul territorio nazionale per il contrasto all’illecito stoccaggio e smaltimento di rifiuti. Le attività, coordinate a livello centrale dallo Sco, sono state condotte dagli agenti delle Squadre mobili e delle Sisco in 33 province, con il supporto specialistico delle Agenzie regionali per la protezione Ambientale e della Polizia Stradale. In alcune province, vista la specificità operativa in cui si è operato, sono state coinvolte anche le strutture periferiche del Corpo nazionale della Capitaneria di Porto. In 3 giorni di intense attività operative, dal 13 al 15 maggio, sono state sottoposte a controllo oltre 168 aree sospettate di essere adibite all’illecito stoccaggio e conservazione dei rifiuti, 40 delle quali sono state sottoposte a sequestro. Più di 1763 i soggetti identificati, 103 persone sono state denunce in stato di libertà per reati connessi all’illecita gestione dei rifiuti, 2 persone arrestate in flagranza di reato ed oltre 85 violazioni amministrative rilevate per un importo superiore ai 200 mila euro.

Più nel dettaglio, tra i sequestri effettuati: in provincia di Torino sono stati controllati diversi siti di stoccaggio dei rifiuti e di autodemolizione, con il sequestro di un’area di oltre 1500 mq. Durante le attività sono stati denunciati 8 soggetti e comminate sanzioni amministrative per 130 mila euro; in provincia di Reggio Calabria sono state sequestrate 6 aree dove sono emerse irregolarità connesse all’utilizzo di forni di verniciatura; in provincia di Roma è stata controllata e sequestrata un’area privata di oltre 6000 mq illecitamente utilizzata come deposito di rifiuti speciali e pericolosi. All’interno sono stati trovati diversi extracomunitari intenti a svolgere mansioni per lo stoccaggio dei rifiuti; in provincia di Siracusa sono stati controllati 14 siti adibiti allo smaltimento dei rifiuti, 7 dei quali sono stati sequestrati.

E ancora: in provincia di Caltanissetta sono state sequestrate 4 aree per la presenza di diversi rifiuti in stato di abbandono, nonché di materiale eternit e ferroso e denunciate 7 persone per deposito incontrollato; in provincia di Avellino sono state denunciate 4 persone per diverse violazioni del testo unico ambientale; in provincia di Benevento sono state sequestrate 3 aree adibite allo smaltimento di rifiuti e denunciati i rispettivi titolari per abbandono di rifiuti, gestione di rifiuti in mancanza delle prescritte autorizzazioni e inquinamento ambientale; in provincia di Latina è stata controllata una fabbrica dismessa, dove è stata accertata la presenza di ingenti quantità di rifiuti solidi urbani, lastre in fibrocemento contenente amianto e apparecchi elettronici di vario genere; in provincia di Caserta, sono state sequestrate 3 aree e denunciate 4 persone per attività di autoriparazione in assenza di autorizzazione, inquinamento ambientale, esercizio non autorizzato di attività ad elevato impatto ambientale e ricettazione.

Città del Vaticano, 18 mag. - (Adnkronos) - L’elicottero con a bordo il Papa atterrerà intorno alle 8 a Verona, nel piazzale adiacente lo stadio Bentegodi per poi spostarsi in auto a San Zeno. Qui alle 8.30 incontrerà circa un migliaio di sacerdoti e consacrati all’interno della basilica e si soffermerà davanti alle spoglie del patrono della Chiesa di Verona, che per l’occasione saranno traslate al piano superiore. All’uscita, papa Francesco incontrerà cinquemila bambini e ragazzi che si raduneranno per la festa in piazza San Zeno con i loro genitori e catechisti.

Alle 10.15 il Pontefice presiederà "Arena di Pace 2024" sul tema "Giustizia e pace si baceranno", tema che farà da cornice all’interna visita papale, ma che avrà nell’incontro con i movimenti popolari all’interno dell’anfiteatro scaligero un momento di riflessione e approfondimento. Francesco risponderà a domande emerse dai confronti effettuati in questi mesi nei cinque ambiti di lavoro: migrazioni, ecologia integrale e stili di vita, lavoro economia e finanza, diritti e democrazia, disarmo.

Una giornata intensa per Bergoglio che successivamente raggiungerà in auto la Casa Circondariale di Montorio dove terrà un discorso agli agenti di Polizia penitenziaria, ai detenuti, e ai volontari. Seguirà il pranzo con i detenuti. “Credo che le numerose visite in carcere siano per questo Papa uno spazio d’espressione di quell’umanità che troppo spesso diamo per perduta definitivamente e che invece, Francesco ci ricorda, deve avere ancora possibilità”, ha spiegato il vescovo di Verona, Domenico Pompili. Ultimo atto della visita, la concelebrazione eucaristica prefestiva di Pentecoste allo stadio Bentegodi, che inizierà alle 15 e sarà preceduta dalla festa con adolescenti e giovani. Alle 16.45 papa Francesco ripartirà in elicottero alla volta del Vaticano.

Roma, 18 mag. - (Adnkronos) - Città del Vaticano, 18 mag..(Adnkronos) Il Papa ha lasciato l’eliporto del Vaticano alle 6.30 per compiere la visita pastorale a Verona.

Milano, 17 mag. (Adnkronos) - "Unicredit è stata informata dei recenti sviluppi del contenzioso pendente presso il tribunale russo fra RusKhimAlyans contro Uc GmbH ed Ao Uc Bank, chiamata in causa dalla parte attrice. Il provvedimento cautelare ha ad oggetto solo alcuni beni sufficienti a soddisfare le pretese della parte attrice in caso di vittoria, e non toccano quindi Uc Ao Bank nella sua totalità". Lo scrive Unicredit in una nota, dopo che il tribunale arbitrale di San Pietroburgo ha posto sotto sequestro conti e beni immobili russi di Unicredit Bank Jsc e Unicredit Bank Ag (Monaco di Baviera) per 463 milioni di euro su un'istanza della RusKhimAlliance.

"La vicenda -aggiunge Unicredit- sarà oggetto di ulteriori analisi e monitorata con attenzione".

Milano, 17 mag. (Adnkronos) - Telefonata tra il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e il sindaco di Milano Giuseppe Sala: sul tavolo, la norma per chiarire il destino di alcuni grattacieli al centro di un intervento della procura. Lo fanno sapere i rispettivi staff, precisando che l’idea del ministro è quella di lavorare a una norma bipartisan da inserire in fase di conversione del decreto salva-casa che auspicabilmente andrà nel prossimo Consiglio dei ministri.

Milano, 17 mag. (Adnkronos) - La depressione che ha causato le abbondanti precipitazioni dei giorni scorsi si è significativamente indebolita, ma resta stazionaria sul vicino Atlantico tra oggi e domenica, determinando sulla Lombardia un flusso sudoccidentale debolmente instabile con intermittente accentuazione dell'instabilità associata al ciclo diurno e ad effetti orografici.

Il bollettino meteo di Arpa Lombardia indica, da lunedì, il minimo in avvicinamento al Nord Italia, con condizioni progressivamente più perturbate in presenza di flusso relativamente caldo meridionale. Le precipitazioni si presenteranno dapprima irregolari sparse, poi diffuse dalla sera; da moderate a localmente forti martedì, in parziale attenuazione mercoledì.

(Adnkronos) - E' morto a Roma il giornalista e inviato della Rai Franco Di Mare, colpito da un mesotelioma. Aveva 68 anni. A dare l'annuncio è stato il fratello Gino Di Mare che su Facebook ha scritto: "Ciao Frà, con te va via un pezzo di me".

Lo scorso 28 aprile, il giornalista era stato ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. Di Mare Aveva spiegato di essere ammalato di un tumore molto cattivo legato "alla presenza di amianto nell'aria che si prende tramite la respirazione di particelle di amianto, senza rendersene conto". "Ho un mesotelioma" aveva detto il giornalista. A lungo inviato di guerra nei Balcani, tra i proiettili all'uranio impoverito e le polveri, sollevate dalle esplosioni e dagli edifici che crollavano, aveva respirato anche particelle d'amianto. Un nemico invisibile che presenta il conto a distanza di decenni.

Il mesotelioma, come spiega l'Airc sul proprio sito, è un tumore che nasce dalle cellule del mesotelio, le membrane che rivestono, come una sottile pellicola, gli organi interni. Oltre al mesotelioma maligno, dal mesotelio possono svilupparsi anche tumori benigni che in genere vengono rimossi chirurgicamente e non richiedono ulteriori trattamenti.

Il mesotelioma maligno è una patologia rara che colpisce prevalentemente gli uomini. In Italia rappresenta lo 0,8% di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo e lo 0,3% di quelli diagnosticati nelle donne. Il 90% dei mesoteliomi è dovuto all'esposizione ad amianto. Altri fattori di rischio meno comuni per il mesotelioma sono l'esposizione alle radiazioni ionizzanti o al diossido di torio (utilizzato in passato come mezzo di contrasto per le immagini radiografiche).

I primi sintomi con cui si presenta il mesotelioma pleurico, spesso legati all'accumulo di liquido nella cavità pleurica (versamento pleurico), sono respiratori: fiato corto (dispnea) e tosse. Possono essere presenti anche dolore nella parte bassa della schiena o a un lato del torace e sintomi più aspecifici, come debolezza muscolare e perdita di peso. Dolore addominale, perdita di peso, nausea e vomito sono invece i sintomi più comuni in caso di mesotelioma peritoneale. Il volume dell'addome può aumentare a causa dell'accumulo di liquido nel peritoneo (ascite).

Determinare lo stadio del tumore, ovvero quanto la malattia sia estesa, è essenziale per decidere il tipo di terapia. Per il mesotelioma vengono individuati 4 stadi (I-IV) sulla base dei criteri Tnm che tengono conto dell'estensione del tumore (T), dell'eventuale coinvolgimento dei linfonodi (N) e delle metastasi (M). Come per la maggior parte dei tumori, anche per il mesotelioma più basso è lo stadio e migliori sono le probabilità di successo del trattamento. Spesso però la diagnosi di questo tumore arriva quando la malattia ha già superato gli stadi iniziali ed è ormai difficile da trattare, perciò è uno dei tumori con prognosi raramente positiva. A distanza di 5 anni dalla diagnosi sono ancora vivi solo l'8% degli uomini e il 10% delle donne, colpiti dal mesotelioma.

Di Mare era un nome e un volto notissimo per i telespettatori italiani. Di Mare nasce a Napoli il 28 luglio 1955 ed è stato uno storico inviato della Rai nelle di aree di crisi. Nel servizio pubblico arriva nel 1991: nella redazione esteri del Tg2 ha seguito la crisi dei Balcani come inviato di guerra, visitando luoghi come Bosnia, Croazia e Kosovo. Ha anche coperto eventi in Mozambico, Somalia, Rwanda, Burundi e nella regione dei Grandi Laghi in Africa.

Di Mare ha realizzato inchieste giornalistiche sulla mafia dell’Europa dell’Est, la guerra in Kosovo, in Bosnia e in Rwanda, oltre a seguire le elezioni presidenziali e politiche in vari Paesi del mondo. Ha anche indagato sul terrorismo in Giappone, Russia, Medio Oriente e Africa Orientale. La sua esperienza include la copertura delle guerre in Afghanistan e Iraq (prima e seconda), nonché dei conflitti tra Eritrea ed Etiopia e a Timor Est.

Nel 2003, ha iniziato la sua carriera di conduttore televisivo soprattutto nel programma 'Unomattina', che ha lasciato nella stagione 2013-14 per la trasmissione pomeridiana 'La Vita in diretta'. Nel 2019 viene nominato vicedirettore di Rai Uno e nel 2020 direttore generale del day time della Rai. Dallo stesso anno fino al 2022 è stato direttore di Rai Tre.

Durante l'intervista da Fabio Fazio, Di Mare aveva lamentato l'atteggiamento, tenuto dalla Rai di fronte alla sua malattia: si sono dileguati "tutti i gruppi dirigenti, non quello attuale, ma quello precedente, quello precedente ancora - aveva affermato - . Posso capire che esistano delle ragioni di ordine legale, sindacale, ma io chiedevo alla Rai lo stato di servizio che è un mio diritto, i posti in cui sono stato, così potevo provare a chiedere alle associazioni di categoria cosa fare… sono spariti tutti. Se io posso arrivare a capire, e non è che lo debba fare per forza, che possono esistere ragioni legali o sindacali, quello che capisco meno è l'assenza sul piano umano. Persone a cui parlavo dando del tu, perché ero un dirigente Rai, sono sparite, si sono negate al telefono, a me. Come se fossi un questuante. Io davanti a un atteggiamento del genere trovo un solo aggettivo: ripugnante”.

All'indomani dell'intervista, l'ad Rai Roberto Sergio si era impegnato a inviare al giornalista tutta la documentazione richiesta all'azienda negli anni precedenti. Durante l'audizione in Vigilanza della scorsa settimana, Sergio ha annunciato che a Di Mare "è stata inviata, via Pec, la documentazione che aveva richiesto".

"Sono commosso e conservo nel mio cuore il dolce, faticoso colloquio telefonico avvenuto il giorno successivo alla sua denuncia" dichiara l'amministratore delegato della Rai, Roberto Sergio. "Purtroppo non potrò incontrarlo, come ci eravamo ripromessi, ma sarò vicino alla famiglia e in questo doloroso momento prego con loro".

"È con profondo dolore e grande tristezza che apprendiamo la notizia della scomparsa di Franco Di Mare" ha detto la presidente della commissione di Vigilanza Rai Barbara Floridia. "La sua morte lascia un vuoto enorme. Penso all'importante e prezioso contribuito che ha dato al servizio pubblico. Ciò che resterà indelebile per tutti è la sua capacità di raccontare le notizie con passione, integrità e un inconfondibile stile personale, affrontando con professionalità e umanità temi complessi e spesso difficili. In questo momento di lutto, il pensiero è rivolto alla sua famiglia e a chi lo ha conosciuto da vicino. A loro vanno le più sentite condoglianze e il cordoglio più sincero".

"La scomparsa di Franco Di Mare è per la Rai, per la quale si è sempre speso con passione e professionalità, motivo di profondo dolore, al quale si unisce la riconoscenza per quanto fatto nel corso della sua lunga carriera che lo ha spesso visto in prima linea per raccontare coraggiosamente i conflitti nel mondo" si legge in una nota di Viale Mazzini subito dopo la scomparsa del giornalista in cui si esprime il cordoglio di tutta l'azienda. "Una passione che lo ha accompagnato anche nei programmi, condotti successivamente, nei ruoli dirigenziali ricoperti e nell’esperienza del programma d'inchiesta 'Frontiere'" che lo ha visto al timone fino al 2023.

"E' una notizia che mi addolora profondamente. Proprio meno di una settimana fa avevo ricevuto un suo messaggio che mi spiegava i motivi per cui non mi rispondeva". A parlare all'Adnkronos è il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, appena appreso della notizia della morte del giornalista Franco Di Mare. "Evocava quando eravamo stati insieme a Sarajevo durante la guerra della ex Jugoslavia perché gli avevo mandato su WhatsApp una vecchia fotografia che gli avevo scattato in cui lo ritraevo lui insieme a Fabio Chiucconi", conclude il ministro.

"Ci ha lasciato Franco Di Mare. Sapevo come tutti che sarebbe dovuto succedere a breve ma, poi, ogni volta che una cosa così accade ci si sorprende e non si è mai pronti". Inizia così il ricordo commosso di Fabio Fazio che, in un video postato sui suoi profili social, commenta la notizia della scomparsa del giornalista. Franco di Mare, aggiunge Fazio, "ci ha lasciato una grande lezione in quella intervista a 'Che tempo che fa' per presentare il suo libro. E' stato molto importante quello che ha detto e, per quel che mi riguarda, è stato molto importante quello che ci siamo detti soprattutto io e lui prima, le settimane precedenti, nei giorni precedenti e anche quello che ci siamo scritti nei giorni successivi", dice il conduttore che, visibilmente commosso, aggiunge: "Sono cose che rimarranno dentro di me a lungo. E' un grande dolore".

"L’Italia perde una delle figure più autorevoli del giornalismo e della cultura. Siamo vicini alla moglie, alla figlia, e a tutti i familiari". Così Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto sulla scomparsa del giornalista. "Come osservatorio porteremo avanti la sua battaglia contro il killer silenzioso che continua a seminare migliaia e migliaia di vittime nel nostro Paese".

Adn Kronos

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'Ndrangheta, in amministrazione giudiziaria società di navigazione Caronte

amministratore giudiziario caronte e tourist

REGGIO CALABRIA - È la più grande azienda dello Stretto per fatturato e numero di dipendenti, ma per anni, se non decenni, ha finito per agevolare i clan con subappalti, commesse, assunzioni a richiesta. Per questo motivo la Caronte & Tourist, holding del mare che si occupa in regime di monopolio del traghettamento privato tra le sponde calabresi e siciliane dello Stretto, è da oggi in amministrazione giudiziaria.  

Il provvedimento, chiesto e ottenuto dalla procura antimafia di Giovanni Bombardieri all'esito delle indagini della Dia coordinate dagli aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci e dai pm Walter Ignazzitto e Stefano Musolino , mette la società nelle mani degli amministratori, esautorando l'attuale governance per 6 mesi dalla gestione della società. Un colosso del valore di mezzo miliardo di euro e con un capitale sociale di quasi 2,4 milioni, detenuto dalla famiglia Matacena, che in dote ha portato la "Caronte" e dalla famiglia Franza, storica titolare della Tourist, e da un fondo inglese, di recente entrato nella compagine societaria, la Basalt Infrastructure partners, cui farebbero capo diverse società di navigazione.  

"Non parliamo di controllo dell'azienda da parte dei clan, ma dell'agevolazione che i clan hanno avuto grazie ai servizi di cui si sono appropriati. Questo provvedimento è mirato a bonificare la società dall'inquinamento della 'ndrangheta ed è una forma di tutela -  sottolinea il procuratore capo Giovanni Bombardier i - per l'economia del comprensorio". Lo strumento, aggiunge il procuratore aggiunto Lombardo è "l'articolo 34 del nuovo codice antimafia, che serve esattamente a questo, a ripulire. E non si può che concordare con quanto i giudici specificano nel provvedimento, sottolineando come altri strumenti allo stato siano inutili per un'efficace opera di bonifica".  

Con Caronte - emerge dalle carte - i clan hanno banchettato e dalle indagini emerge "la permeabilità della società Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l'agevolazione garantita in favore di più soggetti legati alle locali articolazioni di 'ndrangheta". E che i clan avessero interessi e contatti nella società è dato emerso in innumerevoli inchieste, a partire da quella sulla latitanza dell'ex deputato Amedeo Matacena, tuttora latitante a Dubai, che delle sue quote in società si è disfatto poco prima di darsi alla fuga all'estero per dribblare una condanna definitiva per concorso esterno come referente politico del clan Rosmini. Più di recente sono state invece le indagini Sansone e Cenide a mostrare come i clan avessero porte aperte e facoltà di controllo su servizi ed assunzioni all'interno della società. Dati confermati anche da diversi pentiti, come Vincenzo Cristiano e il boss imprenditore Giuseppe Liuzzo.  

È lui a mettere a verbale che i rapporti della famiglia Matacena con i clan sono antichi, risalgono ai tempi del patron e fondatore Amedeo Matacena senior , "il Cavaliere". Il suo tramite? Il boss Bruno Campolo che "ha i rapporti con Araniti e con i De Stefano ... Perché a quei tempi quelli che contavano erano gli Araniti e i De Stefano". Legami che si sarebbero mantenuti negli anni a venire, perché "La Caronte era la società, la gallina dalle uova d'oro. Quindi, in poche parole, Matacena per come la posso vedere io, essendo che avevano il Cavaliere e la mamma, avevano le loro amicizie, nel momento in cui sono usciti i collaboratori di giustizia (..) si sono resi conto che venivano toccati. Quindi si sono buttati le basi all'estero nel momento non del sospetto". Ed è sempre Liuzzo a spiegare il manuale Cencelli delle assunzioni di 'ndrangheta "c'erano i Buda... che avevano le loro persone inserite (...) Le assunzioni erano tutte, la maggior parte al 50/60 % regolari. Le seguiva Repaci, le seguiva chi le doveva seguire. Un 35% venivano scritte perché dovevano essere assunte 2 degli Alvaro, 2 degli Imerti, 2 dei De Stefano, 2 di qua, due di là. Poi è capace che i Rosmini, o tramite i Campolo ne assumevano dieci, ne assumevano dodici. Quello era un altro discorso". Perché ai Campolo prima e ai Passalacqua poi i Matacena hanno sempre concesso "la gestione di tutti i bar della Caronte, era un business". 

"La società che ha gestito il traghettamento sullo Stretto storicamente ha suscitato gli interessi mafiosi - sintetizza  il procuratore aggiunto Gaetano Paci -. Quello che è stato focalizzato con il provvedimento di oggi è che questi interessi mafiosi nel tempo hanno trovato un radicamento attraverso lo sfruttamento delle capacità imprenditoriali della società". Durato fino ad oggi.  

A Massimo Buda, figlio di Santo, di recente condannato a 14 anni e 8 mesi in appello come reggente dell'omonimo clan di Villa San Giovanni, e Domenico Passalacqua, condannato per associazione mafiosa, non solo era stata garantita un'assunzione. Ai due facevano direttamente o indirettamente capo una serie di imprese che per Caronte&Tourist gestivano servizi di varia natura, dalla ristorazione alla pulizia.  

In più, la società era diventata una sorte di ufficio di collocamento dei clan. A gestire le assunzioni, come le controversie con dipendenti e fornitori, come la distribuzione di biglietti e attraversamenti gratuiti era Massimo Buda, entrato da dipendente di infimo livello e protagonista di una fulminea quanto inspiegabile progressione di carriera. Per i giudici, a lui sono anche finite in mano disinfezione e derattizzazione, assegnate alla Carist, e i servizi di prenotazione per l'imbarco degli autotrasportatori affidati alla Cam service.  Nei suoi confronti, la sezione Misure di prevenzione del personale ha disposto un sequestro beni del valore di 800mila euro, fra cui due ditte, 5 terreni di cui uno edificabile, due appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni, un appartamento a Lissone, in provincia di Milano, più diverse disponibilità finanziarie.  

Passalacqua invece si è invece dovuto "accontentare" di uno stipendio da bigliettaio, ma che gli è stato regolarmente versato anche durante latitanza e detenzione. In più a lui sono finiti tutti i servizi di ristorazione assegnati alla Caap service e quelli di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione fomiti alla Caronte & Tourist Spa da parte della V.E.P. Services Soc. Coop, con contratti in essere fino a non molti mesi fa. 

Ma non si tratta di favori personali. Appalti, commesse e assunzioni non servivano per agevolare i singoli. Per i giudici, le agevolazioni ottenute da Buda e Passalacqua non sono che "il riflesso specifico di una complessiva strumentalizzazione dell'impresa agli interessi della 'Ndrangheta (in particolare, ma non solo, della sua articolazione territoriale nota come cosca Buda-Imerti) di cui anche i due citati sono portatori". E si tratta - specificano- "di infiltrazione da ritenersi attuale, atteso che, come già accennato non appare pienamente convincente il percorso seguito dalla società né possono essere positivamente valutate le terapie interne, adottate dall'impresa, al fine cli contenere il pericolo cli reiterazione nelle precedenti condotte agevolative". Traduzione, generici protocolli di legalità non bastano, per bonificare la società dai clan devono intervenire gli amministratori individuati dallo Stato.  

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Caronte e Tourist in amministrazione giudiziaria, è accusata di aver agevolato la �ndrangheta [VIDEO] - Trapani Oggi

Caronte e tourist in amministrazione giudiziaria, è accusata di aver agevolato la ?ndrangheta [video].

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L'attività è della Dia, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria

Reggio Calabria - Mezzo miliardo di euro. È il valore della società posta in amministrazione giudiziaria stamattina dalla Dia di Reggio Calabria nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Secondo l'indagine, denominata "Scilla e cariddi", la società avrebbe agevolato esponenti della 'ndrangheta. La Direzione Investigativa Antimafia, coordinata dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, ha dato esecuzione ad un provvedimento emesso dal locale Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione, Presidente Ornella Pastore, ai sensi dell’articolo 34 del Codice Antimafia (d.lgs 159/2011), con il quale è stata disposta l’amministrazione giudiziaria, per un periodo di mesi 6, nei confronti della CARONTE & TOURIST Spa, con sede a Messina, Viale della Libertà 34. Con il medesimo provvedimento è stato disposto il sequestro dei beni nella disponibilità di Massimo Buda, figlio di Santo Buda, appartenente alla famiglia Buda di Villa San Giovanni, federata alla potente consorteria IMERTI–CONDELLO attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni (RC) e territori limitrofi. Beni del valore di circa 800.000 euro sono stati sequestrati, a Massimo Buda, dipendente della società e figlio di Santo Buda, appartenente all'omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata, secondo gli inquirenti, alla cosca Imerti-Condello attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni e territori limitrofi. Il decreto del Tribunale è stato emesso su richiesta dei Sostituti Procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto, coordinati dai Procuratori Aggiunti Calogero Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo, che hanno delegato alla DIA gli accertamenti patrimoniali, in esito alle acquisizioni investigative del procedimento convenzionalmente denominato “Scilla e Cariddi”. Le indagini hanno fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società Caronte &Tourist Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l’agevolazione garantita dalla medesima società in favore di più soggetti legati alle locali articolazioni di ‘ndrangheta. In particolare sono stati individuati in Domenico Passalacqua (pregiudicato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. e già destinatario di misura di prevenzione personale e patrimoniale) ed in Massimo Buda (quest’ultimo anche nella qualità di rappresentante del padre Santo, esponente apicale dell’omonima cosca), entrambi dipendenti del vettore marittimo, i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa. Gli interessi economici dei predetti sono stati garantiti attribuendo ad imprese ad essi riferibili vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi. In particolare, dette imprese - di fatto nella disponibilità di BUDA e PASSALACQUA (e di altri soggetti agli stessi legati) - hanno potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar- ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte & Tourist. Gli esponenti delle locali cosche sono stati agevolati tramite l’assunzione di personale segnalato dai predetti e, nel caso di PASSALACQUA, garantendo la retribuzione anche durante la latitanza e la sottoposizione a misura cautelare. A BUDA, infine, è stata garantita una rapida e brillante progressione in carriera, con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori. L’amministrazione giudiziaria, ai sensi dell’art. 34 del Codice Antimafia, è finalizzata ad intervenire nella governance di Caronte &Tourist Spa, in funzione di bonifica ed impermeabilizzazione della struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose. La nota compagnia di navigazione destinataria del provvedimento, il cui valore viene stimato in circa 500 milioni di euro, ha un capitale sociale di euro 2.374.310,00 e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni. Gli accertamenti investigativi hanno evidenziato come Massimo Buda, rappresenti la longa manus del padre Santo, di recente (ottobre 2020) condannato in appello alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione, nel procedimento penale c.d “SANSONE”, perché ritenuto il reggente della cosca BUDA-IMERTI di Villa San Giovanni. Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione ha, pertanto, contestualmente disposto nei confronti di Massimo Buda il sequestro dei seguenti beni:  2 ditte individuali comprensive dell’intero patrimonio aziendale con sede a Villa San Giovanni;  5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile di complessivi metri quadri 700;  2 appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni;  1 appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone (MI);  disponibilità finanziarie.  

Reggio Calabria - Mezzo miliardo di euro. È il valore della società posta in amministrazione giudiziaria stamattina dalla Dia di Reggio Calabria nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri. Secondo l'indagine, denominata "Scilla e cariddi", la società avrebbe agevolato esponenti della 'ndrangheta.

La Direzione Investigativa Antimafia, coordinata dalla Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, ha dato esecuzione ad un provvedimento emesso dal locale Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione, Presidente Ornella Pastore, ai sensi dell’articolo 34 del Codice Antimafia (d.lgs 159/2011), con il quale è stata disposta l’amministrazione giudiziaria, per un periodo di mesi 6, nei confronti della CARONTE & TOURIST Spa, con sede a Messina, Viale della Libertà 34.

Con il medesimo provvedimento è stato disposto il sequestro dei beni nella disponibilità di Massimo Buda, figlio di Santo Buda, appartenente alla famiglia Buda di Villa San Giovanni, federata alla potente consorteria IMERTI–CONDELLO attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni (RC) e territori limitrofi. Beni del valore di circa 800.000 euro sono stati sequestrati, a Massimo Buda, dipendente della società e figlio di Santo Buda, appartenente all'omonima famiglia di Villa San Giovanni, federata, secondo gli inquirenti, alla cosca Imerti-Condello attiva nel comprensorio di Villa San Giovanni e territori limitrofi.

Il decreto del Tribunale è stato emesso su richiesta dei Sostituti Procuratori Stefano Musolino e Walter Ignazitto, coordinati dai Procuratori Aggiunti Calogero Gaetano Paci e Giuseppe Lombardo, che hanno delegato alla DIA gli accertamenti patrimoniali, in esito alle acquisizioni investigative del procedimento convenzionalmente denominato “Scilla e Cariddi”.

Le indagini hanno fatto emergere, anche grazie alle convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, la permeabilità della società Caronte &Tourist Spa rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata, nonché l’agevolazione garantita dalla medesima società in favore di più soggetti legati alle locali articolazioni di ‘ndrangheta. In particolare sono stati individuati in Domenico Passalacqua (pregiudicato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. e già destinatario di misura di prevenzione personale e patrimoniale) ed in Massimo Buda (quest’ultimo anche nella qualità di rappresentante del padre Santo, esponente apicale dell’omonima cosca), entrambi dipendenti del vettore marittimo, i portatori degli interessi della ‘ndrangheta, agevolati da Caronte & Tourist Spa. Gli interessi economici dei predetti sono stati garantiti attribuendo ad imprese ad essi riferibili vari servizi all’interno delle navi che fanno la spola tra le coste siciliane e calabresi.

In particolare, dette imprese - di fatto nella disponibilità di BUDA e PASSALACQUA (e di altri soggetti agli stessi legati) - hanno potuto gestire, ricavandone ingenti profitti, i servizi di bar- ristorazione e quelli di pulizia e disinfestazione a bordo delle imbarcazioni, nonché i servizi di prenotazione per gli autotrasportatori che si imbarcano sui traghetti del Gruppo Caronte & Tourist.

Gli esponenti delle locali cosche sono stati agevolati tramite l’assunzione di personale segnalato dai predetti e, nel caso di PASSALACQUA, garantendo la retribuzione anche durante la latitanza e la sottoposizione a misura cautelare. A BUDA, infine, è stata garantita una rapida e brillante progressione in carriera, con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori. L’amministrazione giudiziaria, ai sensi dell’art. 34 del Codice Antimafia, è finalizzata ad intervenire nella governance di Caronte &Tourist Spa, in funzione di bonifica ed impermeabilizzazione della struttura aziendale dal rischio di future ed ulteriori contaminazioni criminali ed interferenze mafiose. La nota compagnia di navigazione destinataria del provvedimento, il cui valore viene stimato in circa 500 milioni di euro, ha un capitale sociale di euro 2.374.310,00 e vanta numerose partecipazioni in altre società, insieme alle quali svolge, in massima parte, servizi di navigazione non solo sullo stretto di Messina, ma anche in ulteriori tratte tra la Sicilia e altre destinazioni. Gli accertamenti investigativi hanno evidenziato come Massimo Buda, rappresenti la longa manus del padre Santo, di recente (ottobre 2020) condannato in appello alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione, nel procedimento penale c.d “SANSONE”, perché ritenuto il reggente della cosca BUDA-IMERTI di Villa San Giovanni. Il Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione ha, pertanto, contestualmente disposto nei confronti di Massimo Buda il sequestro dei seguenti beni:  2 ditte individuali comprensive dell’intero patrimonio aziendale con sede a Villa San Giovanni;  5 appezzamenti di terreno di cui uno edificabile di complessivi metri quadri 700;  2 appartamenti ed un garage a Villa San Giovanni;  1 appartamento con box e piccolo vano cantinato nel Comune di Lissone (MI);  disponibilità finanziarie.  

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Il Questore vieta i funerali per il nipote del boss morto in un incidente

Matteo messina denaro rimane "figura carismatica" in cosa nostra, corleone. le fiamme gialle scoprono discarica abusiva, rinviato al 16 marzo processo sindaco tranchida ed ex sindaco pagoto, si sottrae ad un provvedimento di cattura : tunisino arrestato dalla polizia, covid/19. in provincia 2710 positivi.

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Caronte & Tourist avrebbe agevolato la ‘ndrangheta, società in amministrazione giudiziaria

La dia ha eseguito il provvedimento emesso dal tribunale di reggio. azienda valutata 500 milioni.

Caronte & Tourist avrebbe agevolato la ‘ndrangheta, società in amministrazione giudiziaria

REGGIO CALABRIA Mezzo miliardo di euro. È il valore della società posta in amministrazione giudiziaria stamattina dalla Dia di Reggio Calabria nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

È la società di navigazione privata Caronte & Tourist, che si occupa del traghettamento tra le sponde calabresi e siciliane dello Stretto di Messina, la società posta in amministrazione giudiziaria nell’ambito di un provvedimento eseguito stamattina dalla Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica reggina guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Nell’ambito dell’inchiesta, coordinata dai pm Stefano Musolino e Walter Ignazitto, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale ha disposto per la società di grandi dimensioni l’amministrazione giudiziaria. Alle 10.30 è prevista una conferenza stampa nel corso della quale il procuratore Bombardieri e il direttore della Dia, Maurizio Vallone, illustreranno i dettagli dell’operazione denominata “Scilla e Cariddi”.

Rischio ingerenze criminali, Musolino: «Necessario far comprendere agli imprenditori come agire»

Stoccaggio illecito di rifiuti, vasta operazione in tutta italia, sul pontile sventolano venti bandiere blu ma il resto della regione che mare ha, diakitè stende la sampdoria, palermo in semifinale, calenda a vibo per sostenere i candidati calabresi. «l’europa ha bisogno di persone serie e preparate» – foto.

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Caronte e Tourist in amministrazione giudiziaria: favoriva la ‘Ndrangheta

Sono state scoperte delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella società che gestisce il trasporto sullo stretto di messina: la caronte e tourist..

caronte e tourist

L’operazione della Caronte e Tourist è stata coordinata dalla direzione investigativa anti mafia di Reggio Calabria.

Sotto amministrazione giudiziaria

La direzione investigativa anti mafia di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura distrettuale della Repubblica ha eseguito un provvedimento con cui è stata disposta, per sei mesi, l’amministrazione giudiziaria nei confronti della Caronte e Tourist.

L’amministrazione giudiziaria è uno strumento nuovo previsto dalla legge che prevede una sorta di controllo giudiziario sull’attività svolta dall’impresa, che può continuare a lavorare senza limitazioni oggettive o soggettive e senza modificare i suoi vertici.

Si tratta della società di navigazione che movimenta 500 milioni l’anno, ritenuta responsabile di aver favorito esponenti della ‘Ndrangheta.

L’operazione è stata denominata Scilla e Cariddi. Come ha affermato, ai microfoni di SkyTg24, Fabrizio Fazio , vice questore della Polizia:

“E’ stata accertata la presenza storica della criminalità organizzata all’interno di Caronte & Tourist. Storica grazie all’apporto di numerosi collaboratori che hanno fornito informazioni importanti”.

In particolare, si trattava di infiltrazioni che avvenivano attraverso la fornitura di beni e servizi quali: disinfestazioni, servizi di ristorazione, servizi di Polizia. Inoltre, si assumevano anche esponenti della cosca per lavorare. Soggetti che poi iniziavano a ricoprire ruoli importanti.

Una collaborazione importante

Durante l’operazione, c’è stato anche un maxi sequestro di beni riconducibili a Massimo Buda. Quella della Caronte non era la classica storia di tangenti . La ‘Ndrangheta, infatti, era parte integrante del business di, come detto sopra, legati agli appalti di servizi quali pulizie, ristorazione e altro.

Per evitare le infiltrazioni, la Cda della società era stata affidata ad un ex Prefetto. Un controllo che, però, non è mai stato effettuato.

La Caronte è comunque un soggetto economico molto importante, con oltre 1200 dipendenti. Non è sorprendente che i vertici della Caronte abbiano potuto intrattenere rapporti con le istituzioni.

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Sequestro Caronte e Tourist Spa. E se la montagna avesse partorito un topolino?

Sei mesi di amministrazione giudiziaria per rimuovere le zone d’ombra e le criticità che hanno favorito l’infiltrazione criminale all’interno di una delle maggiori società di navigazione in Italia. E’ quanto disposto il 21 gennaio 2021 dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria (presidente Ornella Pastore) nei confronti della Caronte & Tourist S.p.A., l’holding delle famiglie Franza e Matacena che ha assunto il controllo monopolistico del traghettamento di auto, camion e tir nello Stretto di Messina.

amministratore giudiziario caronte e tourist

L’amministrazione giudiziaria era stata richiesta quasi un anno prima – il 24 aprile 2020 – dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria dopo una complessa indagine del Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia che ha ipotizzato “l’esistenza di un rapporto di stabile ed oggettiva agevolazione tra l’esercizio delle attività economiche riferibili alla struttura imprenditoriale della Caronte & Tourist operanti in questa provincia ed esponenti della ‘ndrangheta o collusi con questa”.

Il Tribunale reggino ha nominato la dottoressa Maria Concetta Tripodi e l’avvocata Rosa Isgrò quali amministratori giudiziari della SpA, disponendo un carico di lavoro più che gravoso: la presenza costante delle due professioniste negli incontri e nelle riunioni con il management e il personale direttivo della società; l’esame dei bilanci, del modello organizzativo e gestionale e delle iniziative assunte a seguito del provvedimento di prevenzione; la verifica dei servizi svolti dagli appaltatori, dai fornitori e dai committenti; il controllo degli atti di acquisto e pagamento effettuati, ecc., ecc.. Misure sufficienti a riportare ordine e legalità all’interno del grande gruppo aziendale in un lasso di tempo di appena 180 giorni? Ne sono ovviamente convinti i giudici calabresi che nel decreto che dispone l’amministrazione giudiziaria della Caronte & Tourist, chiariscono i presupposti giuridici e le ragioni socio-economiche di questo strumento antimafia innovativo e alternativo .

“L’applicazione della misura è prevista dall’art. 34 D.Lgs. 159/2011, come sostituita dalla L. 161/2017”, esordisce la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria. “L’istituto si colloca nell’alveo delle disposizioni del Codice Antimafia ispirate alla necessità di guardare alla legislazione antimafia patrimoniale , non più e non solo come strumento di contrasto da attuarsi attraverso il sequestro finalizzato alla successiva confisca, ma anche attraverso strumenti alternativi di controllo che non necessariamente devono evolvere nell’ablazione del bene, mirando, invece, ove ne ricorrono i presupposti, alla bonifica e alla successiva restituzione dell’azienda al suo titolare e ciò in adesione al principio di proporzionalità tra situazione concretamente accertata e applicazione della misura patrimoniale, principio ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 24 del 27 febbraio 2019”.

“Si tratta di una disposizione che ricalca quella di cui agli artt. 3 quater e 3 quinquies della L. 575/1965 e che disegna un istituto che ha presupposti radicalmente differenti rispetto a quello del sequestro funzionale alla confisca di prevenzione di cui agli artt. 20 e ss del Dlgs 159/2011. Infatti, mentre la misura del sequestro presuppone l’accertamento incidentale che il soggetto che abbia la disponibilità del bene oggetto della richiesta rientri nel genius dei soggetti socialmente pericolosi, la misura in esame ha ad oggetto attività economiche che non sono riconducibili neppure indirettamente (la sottolineatura è nel dispositivo del Tribunale, NdA ) a soggetti socialmente pericolosi”. Una misura temporanea, quella dell’amministrazione giudiziaria, che viene imposta “in funzione preventiva poiché mira a scongiurare il rischio che un’impresa sana e per la quale, dunque, non sussisterebbero i presupposti per disporne il sequestro di prevenzione possa essere, in qualche modo, infiltrata da soggetti legati a organizzazione di stampo mafioso”. Un provvedimento di tutela, dunque, riservato ad aziende “sane” anche se “infiltrate”. Principio ribadito in un altro passaggio del decreto dei giudici reggini, riprodotto integralmente dal pronunciamento del Tribunale di Milano del 23 giugno 2016: “l’istituto dell’amministrazione giudiziaria mira proprio ad intervenire in quella zona grigia di rapporti tra mafia (o altre gravi forme di criminalità) ed imprese, i cui i classici istituti di prevenzione non trovano facile applicazione, ed ha finalità di contrasto al fenomeno di contaminazione di attività economico-imprenditoriali che sane all’origine, risultino però nel tempo essere state condizionate o quantomeno infiltrate dal crimine organizzato che a tali attività si appoggia come efficace strumento di penetrazione nel mercato e di controllo del territorio”.

Prendendo a riferimento la pronuncia della Corte Costituzionale n. 487 del 1995, i giudici calabresi spiegano come l’amministrazione giudiziaria risponda alla “necessità di impedire che una determinata attività economica che presenti connotazioni agevolative del fenomeno mafioso, e dunque operi (…) in posizione di contiguità rispetto a soggetti indiziati di appartenere a pericolose cosche locali, realizzi o possa comunque contribuire a realizzare un utile strumento di appoggio per l’attività di quei sodalizi, sia sul piano strettamente economico, sia su quello di un più agevole controllo del territorio e del mercato, con inevitabili riflessi espansivi della infiltrazione mafiosa in settori ed attività in sé leciti”.

“In una simile prospettiva – aggiungono i giudici – ci si avvede agevolmente di come i titolari di quelle attività non possono affatto ritenersi terzi rispetto alla realizzazione di quegli interessi, considerato che è proprio attraverso la libera gestione dei loro beni che viene ineluttabilmente a realizzarsi quel circuito e commistione di posizioni dominanti e rendite che contribuisce a rafforzare la presenza, anche economica, delle cosche sul territorio”. Per applicare l’istituto dell’amministrazione giudiziaria, dunque, è necessario innanzitutto che il titolare dell’attività economica sia “necessariamente terzo” rispetto al soggetto ritenuto socialmente pericoloso. Un imprenditore che non può certo fungere da “prestanome” ma che pone in essere “condotte agevolative censurabili su un piano quantomeno di rimproverabilità colposa (ben potendo le dette misure adottarsi anche nei casi in cui l’imprenditore agevoli consapevolmente il soggetto pericoloso ), diversamente legittimandosi l’ablazione dell’azienda laddove si ravvisi una volontaria e stabile collusione mafiosa con insanabile commistione e sovrapposizione tra interessi criminali e imprenditoriali”.

Il Tribunale di Reggio Calabria aggiunge altresì come l’amministrazione giudiziaria miri al “recupero delle imprese infiltrate dalle organizzazioni criminali attraverso un’equilibrata ponderazione dei contrapposti valori costituzionali in gioco, da una parte, la libertà d’impresa e, dall’altra, il perseguimento e la salvaguardia della legalità delle attività economiche e può quindi ritenersi applicabile solo ove vi siano sufficienti indizi per ritenere tale pericolo di intimidazione ed infiltrazione ancora in atto al momento della richiesta”. “Il legislatore – osservano ancora i giudici – ha inteso quindi graduare l’incisività dell’intervento giudiziale, avuto riguardo alle variegate forme di infiltrazione mafiosa o comunque di influenza criminale astrattamente possibili nell’ambito delle attività imprenditoriali…”.

Nelle conclusioni, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale presieduta dalla dottoressa Ornella Pastore spiega che ai fini dell’applicazione dell’amministrazione giudiziaria debba essere accertata dunque, alternativamente, la “sussistenza di una condizione di intimidazione o assoggettamento dell’operatore economico rispetto ad una associazione di stampo mafioso ovvero rispetto a singoli esponenti di essa” o una situazione in cui l’operatore economico “possa comunque agevolare” l’attività di persone preposte per l’applicazione di una misura di prevenzione o sottoposte a procedimento penale per i delitti indicati dalle norme vigenti. “La misura ha natura temporanea, potendo essere adottata per un periodo non superiore a un anno, prorogabile di ulteriori sei mesi per una durata comunque non superiore complessivamente a due anni (…) a seguito di relazione dell’amministratore giudiziario che evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e di diritto che avevano determinato la misura”, scrivono i giudici. “Da ciò emerge un ulteriore requisito implicito della misura, costituito dall’attualità dell’agevolazione mafiosa o del pericolo della stessa, atteso che un programma di sostegno e bonifica dell’impresa ha senso solo in presenza di una infiltrazione attuale che l’istituto dell’amministrazione giudiziaria mira a rimuovere”.

Sintetizzando, il provvedimento soft imposto alla Caronte & Tourist SpA, risponde alla necessità di sostenere e bonificare un’azienda sana , le cui attività economiche non sono riconducibili neppure indirettamente a soggetti criminali, anche se risultano essere state condizionate o quantomeno infiltrate da appartenenti ad organizzazioni mafiose. Il tutto in nome della libertà d’impresa , quest’ultima ritenuta dal legislatore (e dall’autorità giudiziaria), un valore costituzionale da proteggere. In verità, la Carta Costituzionale, agli artt. 41 e 43, prevede altro. Se infatti l’iniziativa economica privata è libera , essa comunque non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana . Inoltre ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire (…) allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale . Inoltre – ma questa è una nostra valutazione personale – così come appare rappresentata, la misura dell’amministrazione giudiziaria sembra eccedere in garantismo pro aziende e capitali specie se la si mette a confronto con certi provvedimenti assai restrittivi delle libertà personali e di diritti soggettivi fondamentali (sempre in ambito di contrasto alle mafie, si veda ad esempio il regime del carcere duro – 41bis – riservato agli appartenenti o presunti tali di organizzazioni criminali).

Legittimo nutrire poi più di un dubbio sulla reale incidenza e sulla ridottissima limitazione temporale del provvedimento del Tribunale specie dopo un’attenta lettura delle motivazioni contenute nel decreto e delle gravi risultanze delle indagini della Direzione Investigativa Antimafia. Come si evince dagli atti, la Procura della Repubblica ha proposto la misura giudiziaria nei confronti della Caronte & Tourist S.p.A., avendo ritenuto che “esponenti ed imprese riferibili alla cosca Buda-Imerti, organica alla ‘ndrangheta calabrese ed operante all’interno del territorio urbano di Villa San Giovanni, Fiumara di Muro e nelle aree limitrofe, siano stati reiteratamente e colpevolmente agevolati (…) attraverso l’assegnazione di ruoli aziendali di governo di comparti operativi; del ruolo di reclutatori di personale da assumere; della possibilità di disporre a favore di terzi di agevolazioni per la concessione di titoli di viaggio”. Alle “imprese espressione diretta o indiretta di esponenti della ‘ndrangheta”, la società di navigazione ha inoltre affidato i servizi dell’indotto (ad esempio somministrazione di cibi e bevande sulle imbarcazioni; pulizie; gestione della biglietteria; manutenzione), “accessori al servizio di traghettamento che costituisce il core business aziendale”. E ancora – stigmatizza la Procura – “non può poi certamente ritenersi frutto di una mera casualità il fatto che numerosi dipendenti, collaboratori, fornitori e partner appartenessero alle famiglie di ‘ndrangheta di Villa San Giovanni, tante volte assurte agli onori della cronaca giudiziaria”.

A rincarare la dose è la stessa Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale che nell’accogliere la richiesta della Procura scrive che “dalle complessive risultanze sin qui esposte, sussistono più che sufficienti indizi della permeabilità della società Caronte & Tourist SpA, rispetto ad infiltrazioni della criminalità organizzata. A corroborare l’impianto accusatorio le “numerose” conversazioni intercettate dagli inquirenti, nonché le “convergenti” dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Giuseppe Liuzzo (già appartenente alla potente cosca dei Rosmini di Reggio Calabria) e Vincenzo Cristiano, i quali hanno espressamente riferito dell’infiltrazione dell’azienda da parte delle ‘ndrine. “Sulla base dei suddetti elementi e di quelli già emersi in precedenza – scrivono i giudici – è possibile affermare che nel corso degli anni i vertici della società Caronte & Tourist SpA abbiano sempre trovato un equilibrio con le suddette cosche nonché con altre consorterie operanti in tutte le zone della provincia reggina, ove le dette società svolgono il proprio servizio”.

Dalle dichiarazioni rese dal Liuzzo nel corso dell’interrogatorio del 28 novembre 2019, i magistrati reggini hanno potuto dedurre che “i favori e le assunzioni che la società Caronte elargiva alle cosche si inserivano in dinamiche non sussumibili, semplicemente, nel classico scema dell’estorsione mafiosa”. Il collaboratore, in particolare, ha fatto notare come l’allora co-titolare della società di navigazione, Amedeo Matacena junior (ex parlamentare di Forza Italia), “intrattenesse rapporti di amichevole convivialità con i massimi esponenti della ‘Ndrangheta della provincia reggina; rapporti che mal si conciliavano con l’idea dell’imprenditore vittima , ma che apparivano – piuttosto – espressione di una compiacente contiguità ed erano finalizzati anche a soddisfare le ambizioni elettorali del predetto”. Sempre Giuseppe Liuzzo ha riferito agli inquirenti che “sia il cavaliere Amedeo Matacena che l’omonimo figlio avevano avuto sempre un debole per la cosca Imerti, mentre l’amministratore delegato Antonino Repaci prediligeva la cosca Zito-Bertuca”. Emerge quindi dalle dichiarazioni del collaboratore “come i vertici della società, definita la gallina dalle uova d’oro , abbiano favorito prima alcuni esponenti delle cosche reggine e in seguito esponenti delle cosche operanti nel territorio di Villa San Giovanni”.

Pur precisando che le sue conoscenze delle vicende riguardanti il settore della navigazione nello Stretto di Messina si riferivano alla gestione Matacena antecedente alla fusione di Caronte SpA con il gruppo messinese Tourist Ferry Boat SpA, Liuzzo ha espresso ai giudici la convinzione che “anche dopo la fuoriuscita di Amedeo Matacena e l’ingresso dei nuovi soci, i legami con le ‘ndrine non erano stati recisi e ciò in quanto, nonostante il nuovo assetto societario, nessuno tra gli esponenti della locale ‘Ndrangheta aveva espresso lamentele, potendo evidentemente contare sul mantenimento degli equilibri esistenti”. A riprova di ciò, annotano i magistrati, “anche nella nuova fase al vertice dirigenziale della società era rimasto Antonino Repaci, quale segno di continuità della precedente gestione”.

D.I.A. e Procura di Reggio Calabria hanno individuato principalmente in due soggetti i portatori degli interessi della ‘ndrangheta agevolati da Caronte & Tourist SpA : Domenico Passalacqua e Massimo Buda. Passalacqua è stato assunto dalla Tourist Ferry Boat del gruppo Franza-Genovese l’1 agosto 1990; poi è stato dipendente della Caronte & Tourist sino al maggio 2018, quando è stato collocato in pensione. Destinatario di una misura di prevenzione personale e patrimoniale, Passalacqua è stato condannato in via definitiva nel processo Meta quale esponente del gruppo criminale Buda-Imerti, in quanto “imprenditore al servizio della cosca, operante non secondo logiche di libero mercato, ma nel rispetto delle dinamiche oligopolistiche di tipo mafioso tipiche degli imprenditori intranei ai circuiti mafiosi”.

“Nella società di navigazione, Mimmo Passalacqua faceva la biglietteria che non è un posto così”, ha raccontato ai giudici Giuseppe Liuzzo, lasciando chiaramente intendere – come riportano gli inquirenti – che la biglietteria “era una sorta di front office del vettore marittimo, ove i membri delle cosche potevano relazionarsi con i clienti amici , ai quali elargivano piccole cortesie”. Secondo quanto affermato da un altro collaboratore di giustizia, Rocco Buda, Passalacqua era stato assunto presso la Caronte S.p.A. grazie all’intercessione di Giuseppe Stracuzza, ex sindaco di Fiumara, il quale era un pezzo grosso della società, occupandosi del controllo delle biglietterie, nonché molto vicino alla famiglia Matacena. “Lo Stracuzza si preoccupava di consegnare al boss Nino Imerti somme di denaro quantificabili in dieci milioni di lire a volta per conto della società Caronte”, ha riferito Buda.

Anche Vincenzo Cristiano ha indicato Domenico Passalacqua come il “referente” degli imertiani in seno alla società di navigazione, aggiungendo che il predetto, anche dopo il coinvolgimento nel processo Meta , “era in grado di interloquire con Antonino Repaci, principale dirigente della società”. Sempre secondo il collaboratore, Passalacqua faceva anche da collegamento con gli esponenti della famiglia Zito, tanto da essere risultato determinante per l’assunzione di Giuseppe Zito, figlio di Vincenzo capo dell’omonima ‘ndrina ed era progressivamente entrato a far parte della società impegnata nella gestione dei bar sui traghetti, “con la finalità di riciclaggio dei capitali provenienti dal gruppo criminale”.

“Nei confronti di Passalacqua l’agevolazione garantita da Caronte & Tourist SpA si è manifestata sulla sua persona, in relazione alla sua assunzione e alla successiva conservazione del rapporto di dipendenza, nonostante dapprima la latitanza, quindi l’applicazione della misura cautelare e, all’esito, la sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza”, scrivono i giudici di Reggio Calabria. “L’agevolazione è giunta sino al punto di garantirgli la retribuzione, senza farlo lavorare e si è palesata, in termini di contributo al consolidamento della sua fama socialcriminale, con la benedizione pubblica del suo ruolo e del rapporto agevolato, sacralizzato dall’abbraccio concessogli dal dirigente della Caronte & Tourist SpA, Antonino Repaci sul piazzale degli imbarcaderi, in esito alla sua scarcerazione, per come riferito dal collaboratore di giustizia Cristiano”.

“E’ evidente che la società Caronte & Tourist S.p.A., in conseguenza delle pesanti accuse mosse al Passalacqua nel processo Meta che avevano portato in primo grado alla condanna del predetto alla pena di 16 anni di reclusione, avrebbe certamente potuto invocare la giusta causa per l’immediato licenziamento”, annotano gli inquirenti. “Viceversa la società decideva di non interrompere il rapporto di lavoro con Passalacqua e, anzi gli assicurava un trattamento di favore, con la creazione di un apposito turno di lavoro che andasse incontro alle sue esigenze. Ed infatti il 16 marzo 2016 Domenico Passalacqua si recava presso gli uffici messinesi di Caronte & Tourist e dopo un colloquio con il dirigente dell’azienda, il dottor Tiziano Minuti, otteneva la riassunzione”.

L’atteggiamento di favore da parte della società di navigazione non mutava neanche dopo che il Tribunale di Reggio Calabria, il 13 settembre 2017, sottoponeva Domenico Passalacqua alla sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza. Il Passalacqua non si presentava più sul posto di lavoro, né tanto meno forniva alcuna comunicazione all’azienda, tuttavia i dirigenti della Caronte & Tourist, invece di adottare i provvedimenti sospensivi previsti da contratto, decidevano di corrispondergli l’intera retribuzione sino alla data di pensionamento. “Emerge quindi come la Caronte & Tourist si sia a più riprese adoperata per consentire al Passalacqua di proseguire il rapporto lavorativo, nonostante le gravissime disavventure giudiziarie che nel corso degli anni lo hanno visto protagonista”, annotano i giudici.

Al Passalacqua venivano “garantiti” anche rilevanti interessi economici attraverso i servizi di somministrazione di cibi e bevande sugli imbarcaderi che la Caronte & Tourist SpA ha affidato alla CAAP Service S.r.l. di Villa San Giovanni, nonché attraverso i servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione delle unità della società di navigazione, da parte della V.E.P. Services Soc. Coop., anch’essa con sede a Villa. Della CAAP Service sono risultati soci lo stesso Domenico Passalacqua, Filippo e Antonino Aquila (fratelli di Giuseppe Aquila, ex barista a bordo delle navi della Caronte SpA e condannato per il reato di associazione mafiosa quale “esponente della potente cosca Rosmini e che in tale veste aveva svolto un ruolo di collegamento tra Caronte SpA e la criminalità organizzata”) e Giuseppe Campolo, figlio del defunto esponente della ‘ndrangheta reggina Bruno Campolo, “già collaboratore del cavaliere Amedeo Matacena”. Per la cronaca, la CAAP Service ha mantenuto la sua partnership economica con la Caronte & Tourist sino alla fine del marzo 2020, nonostante un periodo lungo quattro anni in cui la ditta risultava essere stata sequestrata e infine confiscata; il contratto di affidamento del servizio bar-ristorazione è stato invece risolto con una “sostanziosa” liquidazione a titolo di indennizzo per lucro cessante e danni emergenti di 400.000 euro.

La V.E.P. Services Soc. Coop. è stata invece amministrata da Domenico Passalacqua, nipote omonimo dell’ex impiegato di Caronte & Tourist, mentre nel consiglio d’amministrazione compariva Salvatore Rocco Versace, nipote di Antonino Cotroneo, quest’ultimo condannato nell’ambito del procedimento penale denominato ‘Ndranghete Banking a 8 anni di reclusione per associazione mafiosa e usura. La società di servizi era subentrata nel 2012 alla Griverpas Service Soc. Coop. in cui ricoprivano cariche sociali, tra gli altri, Pasquale Passalacqua (nipote di Domenico Passalacqua) e Antonino Versace, fratello di Salvatore Rocco Versace. “L’identificazione dei gestori della Cooperativa nei Passalacqua e le dinamiche di forze criminali (…) fanno chiaramente intendere come la titolarità della V.E.P. Services fosse riferibile a Domenico Passalacqua, che la gestiva tramite i suoi parenti, secondo quel sistema di passaggi di consegna interni alle famiglie che avevano garantito la prosecuzione dei sistemi di infiltrazione mafiosa di Caronte & Tourist S.p.A. e delle imprese del suo indotto”, spiegano gli inquirenti. “La vicenda accertata, infatti, costituisce un paradigmatico esempio di come la tollerante indifferenza – palesata dall’alta dirigenza e dalla proprietà della SpA, in ordine alle dinamiche di infiltrazione della ‘ndrangheta nei suoi sistemi interni e a quelle predatorie nei settori esternalizzati – li avesse ridotti a campi di battaglia tra gli esponenti della ‘ndrangheta, che se li contendevano in base alle rispettive capacità di intimidazione ed assoggettamento, ovvero con il tipico metodo mafioso”.

Sul secondo presunto portatore degli interessi della ‘ndrangheta agevolati da Caronte & Tourist SpA, Massimo Buda, il Tribunale di Reggio Calabria scrive che lo stesso “può rientrare tra i soggetti destinatari di misura di prevenzione personale in quanto indiziato di appartenenza alla cosca Buda-Imerti”. “Dalle indagini emerge chiaramente come Massimo Buda si sia prestato a realizzare incontri e trasmettere messaggi funzionali alla migliore operatività del’organizzazione e al controllo del territorio che questa esprimeva, anche grazie alle alleanze consolidate con le altre cosche del reggino”, proseguono i giudici. “In particolare è emerso come lo stesso, sebbene sostanzialmente incensurato, sia stato a totale disposizione del padre Santo Buda (cugino del boss Antonino Imerti, detto Nano feroce ) al fine del raggiungimento di comuni obiettivi criminali, essendosi attivato peraltro per organizzare un incontro riservato tra il genitore e il boss Pasquale Bertuca entrambi condannati con il ruolo di dirigenti della ‘ndrangheta sul territorio villese, nei procedimenti denominati Meta e Sansone ed avendo mantenuto con il Bertuca rapporti diretti, per come risulta dall’informativa del Commissariato di Villa San Giovanni del 14 luglio 2009”. Gli inquirenti calabresi ritengono come anche lo stesso Santo Buda “avesse una capacità di infiltrazione nelle strutture aziendali e produttive della Caronte & Tourist e delle imprese che gestivano i rapporti esternalizzati dalla SpA, capacità che egli era in grado di porre in essere attraverso il figlio Massimo”. Stando inoltre a quanto riferito dal collaboratore di giustizia Cosimo Virgiglio, i Buda padre e figlio facevano parte della loggia massonica di Sant’Eufemia d’Aspromonte e “i loro referenti erano i fratelli Fedele, da identificarsi verosimilmente in Luigi e Giovanni Fedele, il primo ex Presidente del Consiglio Regionale Calabrese e il secondo ex sindaco del Comune di Sant’Eufemia”.

Massimo Buda risulta essere ancora oggi dipendente della Caronte & Tourist, dopo aver lavorato con altre società del gruppo (la Ulisse Shipping S.r.l. negli anni 1999-2000, la Tourist Ferry Boat S.p.A. dal 2001 al 2004, la Servizi Norimberga Scpa dal 2004 al 2006 e poi la New TTTLines S.r.l. che cura il traghettamento di veicoli e passeggeri sulla tratta Catania-Napoli). “Nei confronti del Buda l’agevolazione da parte della Caronte & Tourist SpA si è manifestata con la sua assunzione, con la rapida e brillante progressione in carriera, con la capacità di promuovere e gestire le nuove assunzioni e con la delega conferitagli per la risoluzione delle controversie tra dipendenti o con i fornitori e con la concessione di biglietti omaggio da gestire per alimentare la percezione sociale del suo ruolo dominante nella SpA.”, riportano i giudici. “Alla luce delle numerosissime conversazioni intercettate emerge come nel corso del tempo Massimo Buda abbia acquisito all’interno del gruppo societario un ruolo sempre più di maggiore spessore arrivando a diventare il numero uno della Caronte ”.

“Devono altresì ritenersi significativi una serie di episodi, univocamente sintomatici della sua appartenenza alla ‘Ndrangheta: le modalità intimidatorie (financo con l’uso di armi da fuoco) di esercizio delle sue mansioni di piazzalista, per conto della società, per come emerso nella conversazione ambientale, registrata dagli inquirenti il 23 agosto 2008 ( parlando con il comandante Rosario Donato, uno dei dirigenti, ancora oggi, della società di navigazione, Buda raccontava di come avesse minacciato un camionista – reo di non voler pagare il biglietto per il traghettamento – prospettando persino il ricorso ad una pistola che deteneva illegalmente ); la sua stabile ed ancora attuale individuazione, da parte dei funzionari e dirigenti della Caronte & Tourist SpA, quale soggetto in grado di prevenire e tacitare – grazie alla forza d’intimidazione che la sua persona evocava – ogni controversia incorsa tra i dipendenti o con la clientela”.

Il Buda avrebbe inoltre fatto da punto di riferimento della comunità di Villa San Giovanni per la risoluzione dei problemi di “qualsivoglia natura” verificatisi con l’azienda Caronte & Tourist. “Essendo notorio il suo peso all’interno della società, i suoi concittadini a lui si rivolgevano quando erano necessari interventi per dirimere controversie o per accomodare criticità di vario genere”, si legge nel decreto del Tribunale di Reggio Calabria. “Nel maggio 2016 era Rocco Cassone, ex sindaco della cittadina a chiedere a Buda l’intercessione in favore di un marittimo, entrato in contrasto con il proprio comandante”.

Un’ulteriore conferma del ruolo di primo piano di Massimo Buda all’interno del gruppo armatoriale calabro-peloritano è giunta dai colloqui telefonici intercettati nel dicembre 2016: emerge infatti come il dipendente era stato designato dai vertici amministrativi della Caronte & Tourit per selezionare il personale della Nicober Service S.r.l., azienda catanese colpita da una grave crisi finanziaria, al fine di suddividerlo tra la nota società di navigazione Tirrenia e la stessa Caronte & Tourist. “Gli interessi economici di Massimo Buda, invece, sono stati agevolati in relazione alla fornitura dei servizi di disinfestazione e derattizzazione alla Caronte & Tourist SpA da parte della Carist di Cristiano Teodoro con sede a Catona (RC), nonché alla fornitura dei servizi di prenotazione per l’imbarco degli autotrasportatori, garantiti dalla Caronte & Tourist alla CAM Service S.r.l. di Villa San Giovanni”, aggiungono gli inquirenti che ritengono come Carist e CAM Service fossero imprese “fittiziamente intestate a terzi”, ma di fatto nella disponibilità di Buda. In particolare, la prima società risultava amministrata da Teodoro Cristiano, cognato di Massimo Buda che esercitava in prima persona le funzioni di effettivo titolare, dettava le strategie imprenditoriali e procurava le commesse “grazie alle sue entrature presso i dirigenti del gruppo di navigazione”.

Ancora più rilevanti gli introiti economici della seconda società in mano al Buda, la CAM Service. Con un capitale sociale di soli 10.000 euro e due dipendenti (tra cui Sonia Maria Cristina Versace, moglie di Massimo Buda) la società riusciva a fatturare 2.809.904 euro nel 2014, 3.728.444 euro nel 2015 e 4.183.719 euro nel 2016. “Anche in tal caso Massimo Buda sino ad epoca recentissima ha gestito l’azienda, pur formalmente intestata a terzi, ricavandone ingenti guadagni grazie alla partnership con Caronte & Tourist, avvalendosi in tal caso della collaborazione di un cognato, Alberto Carlo, per schermare il suo diretto coinvolgimento nell’iniziativa imprenditoriale”, scrivono gli inquirenti.

“In realtà, l’agevolazione degli interessi di Passalacqua e del Buda non è che il riflesso specifico di una complessiva strumentalizzazione dell’impresa agli interessi della ‘Ndrangheta di cui anche i due citati sono portatori (…) Si tratta di infiltrazione da ritenersi attuale, atteso che, non appare pienamente convincente il percorso seguito dalla società né possono essere positivamente valutate le terapie interne, adottate dall’impresa, al fine di contenere il pericolo di reiterazione nelle precedenti condotte agevolative”.

In verità alle fallimentari terapie di contenimento dell’infiltrazione criminale all’interno della vita aziendale, il management era giunto solo dopo alcune gravi vicende giudiziarie che avevano investito la Caronte & Tourist e alcuni dei suoi più importanti rappresentanti. Come ricorda la stessa Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, nell’aprile 2019, l’amministratore delegato della SpA, l’ingegnere Vincenzo Franza, rinveniva a bordo della sua autovettura le microspie collocate dalla Polizia giudiziaria nell’ambito di un’indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Messina. “Avendo così acquisto contezza di essere sottoposto ad indagini, chiedeva – per il tramite del suo difensore – di essere sottoposto ad interrogatorio, che aveva luogo il 21 maggio 2019, a seguito del quale Vincenzo Franza apprendeva la contestazione a suo carico – tra l’altro – del reato di cui all’art. 416 bis. c.p e l’oggetto delle investigazioni”.

Nel dicembre del 2019 la Caronte & Tourist era oggetto di un’operazione giudiziaria ( Cenide ), con l’esecuzione della misura cautelare nei confronti del suo presidente Antonino Repaci e di uno degli amministratori delegati, Calogero Famiani, per il reato di corruzione commesso unitamente all’ex direttore dell’Ufficio tecnico del Comune di Villa San Giovanni, Francesco Morabito, contestualmente accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Nello specifico i magistrati reggini contestavano al Morabito di aver consentito alla Caronte & Tourist di realizzare “in assenza di idoneo titolo abitativo ed in violazione alla legge” opere edili per la riorganizzazione della viabilità e la realizzazione di un nuovo impianto di biglietteria nell’area “Villa Agip” di Villa San Giovanni, già adibita allo stoccaggio degli automezzi diretti in Sicilia. “Quale controprestazione, Antonino Repaci e Calogero Famiani promettevano (nell’ambito di più ampie e pluriennali relazioni caratterizzate da favori, utilità e sovvenzioni a funzionari e amministratori locali del comune di Villa San Giovanni, l’assunzione a tempo indeterminato presso la società Caronte & Tourist del figlio di Giancarlo Trunfio, altro dipendente del Settore tecnico del Comune”, si legge nell’ordinanza emessa dai magistrati.

Il 19 marzo 2020 il difensore dell’ing. Vincenzo Franza richiedeva agli inquirenti peloritani l’archiviazione del proprio assistito, spiegando come la società di navigazione avesse intanto modificato il management aziendale dopo le dimissioni di Repaci e Famiani con la contestuale assunzione dei ruoli di responsabilità di esponenti delle famiglie Franza e Matacena, titolari dei pacchetti di maggioranza. Il legale specificava inoltre che la Caronte & Tourist aveva avviato la “ristrutturazione della policy aziendale”, anche grazie “all’intenzione del nuovo Cda della SpA di procedere alla creazione di un comitato interno di controllo” e all’adesione del protocollo di legalità , istituito tra Ministero dell’Interno e Confindustria. Infine il gruppo rendeva nota l’istituzione di una rigida procedura di selezione e assunzione del personale e l’attivazione di un attento monitoraggio dei partner e dei fornitori locali, nonché l’individuazione di un “soggetto terzo”, nella persona del dott. Santi Giuffrè, “già prefetto e questore anche in questo distretto, a cui affidare un incarico di consulenza, finalizzato alla verifica ed implementazione del citato protocollo di legalità ”. Nome pesante quello del neo consulente: vicedirettore del Centro Operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Palermo a partire del 1992, Santi Giuffrè ha poi ricoperto l’incarico di questore a Caltanissetta nell’anno 2000; a Messina nel 2005 ( dove – come si legge nel curriculum vitae – ha gestito servizi di ordine pubblico nel nuovo Stadio di Messina, all’epoca in serie A – la FC Messina del gruppo Franza, NdA ); a Reggio Calabria nel 2008; a Napoli l’anno successivo. Nel 2014 Giuffrè è stato nominato dalla Presidenza del Consiglio, Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura.

Le tardive operazioni di bonifica non hanno però convinto gli inquirenti. Con una nota del 3 settembre 2020, la D.I.A. di Reggio Calabria ha rilevato infatti che “la catena di comando dei servizi operativi del gruppo Caronte & Tourist nello Stretto di Messina, è tuttora invariato rispetto alle precedenti acquisizioni investigative, poiché le direttive impartite da Calogero Famiani giungono, per il tramite di Placido Restuccia e Rosario Donato, a Massimo Buda, che oggi ha un incarico superiore rispetto a quello del recente passato. Ne consegue che nulla di significativo è intervenuto rispetto al passato e pertanto la società non ha inteso adottare le misure necessarie per contenere aspettative delle cosche che, per più di un trentennio, hanno beneficiato di tali rapporti con la società”.

Ancora più netto il giudizio dei magistrati calabresi sulla nomina a consulente dell’ex questore ed ex prefetto Santi Giuffrè. “Quanto poi alla attribuzione del ruolo di garante della legalità al dott. Giuffrè, si osserva innanzitutto che il predetto è già stato componente del Cda di Caronte & Tourist SpA sin dal giugno 2017 (in verità già alla fine del 2016 lo stesso compare tra i membri del Comitato tecnico scientifico della neo-costituita Fondazione “Giuseppe Franza – Elio Matacena”, NdA ), nelle fasi in cui le scelte societarie risultavano del tutto inidonee a scongiurare le infiltrazioni mafiose. Inoltre appare significativo il fatto che il Giuffrè sia stato cooptato nella sfera dirigenziale di Caronte & Tourist proprio da Antonino Repaci, ovvero da colui che è stato il regista delle strategie aziendali per più di un trentennio, essendosi dimesso soltanto a seguito della sottoposizione alla misura cautelare per il reato di corruzione nel dicembre 2019”.

I magistrati definiscono di “estrema confidenza” i rapporti esistenti tra il neo-consulente e l’ex amministratore delegato e nel decreto che ordina l’amministrazione giudiziaria della Caronte & Tourist riproducono gli stralci di una imbarazzante conversazione telefonica intercorsa tra i due (già riportata nella nota della D.I.A. del 10 novembre 2020), allorché Repaci preannuncia al Giuffrè l’imminente designazione quale consigliere di amministrazione della società, “rappresentandogli come il suo ruolo, al di là della formale investitura e della cospicua retribuzione, non avrebbe comportato alcuna effettiva responsabilità operativa (che evidentemente rimaneva, invece, in mano ad altri)”. Antonino Repaci: Tu sarai nominato, eh, eh, consigliere d’amministrazione della società. Non devi fare nulla. Soltanto accettare. Se vuoi o non vuoi. Tutto qui… . Santi Giuffrè: Ma queste cose poi che cosa comportano? Repaci: Nulla. Una presenza… diciamo ”. Giuffrè: Ah… Ci sono incontri? Repaci: Almeno due… due, tre volte l’anno. Insomma, ecco. Una cosa di queste . Giuffré: Ecco. Okay. Va bene . Repaci: C’è un compenso stabilito dall’assemblea, ovviamente, che… che non guasta mai e qui mentre quell’altro… . Giuffrè: Ma perché, è a seduta? Repaci: No, no, no. E’ compenso annuo. Penso che saranno 50 mila euro l’anno. Questo sarà, più o meno… . Giuffrè: E senza offesa…. va bene allora… No, certo che non guasta mai, anzi… Perché le cose pubbliche sono solo a titolo onorifico… Noi così facciamo, forma e sostanza. Va bene!

“Deve ritenersi l’inadeguatezza delle misure fino ad ora adottate dall’impresa, essendo basate sull’adozione di protocolli e procedure nonché sull’individuazione di soggetti, ritenuti meritori di considerazione, certamente, ma incapaci di attuare un’autentica verifica delle debolezze aziendali che hanno consentito l’infiltrazione mafiosa”, aggiungono i giudici calabresi. “E’ evidente infatti che se fosse sufficiente l’adesione al protocollo di legalità e/o l’allegazione di procedure e sistemi di controllo cartolari e generici, il modello organizzativo predisposto dalla SpA e vigente all’epoca dei rapporti di agevolazione, sarebbe stato idoneo e sufficiente al fine di contrastare l’imponente infiltrazione mafiosa aziendale, accertata dall’indagine”. Il Tribunale lamenta infine come ancora non sia stato fatto riferimento da parte degli organi societari ad un possibile avvio di attività investigativa interna all’azienda, volta a comprendere quali strutture, organismi o persone “non abbiano adeguatamente svolto il loro compito ovvero abbiano deliberatamente agevolato gli interessi di soggetti pericolosi e sulla eventuale sostituzione dei soggetti responsabili”.

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Ancora guai per la Caronte&Tourist, dopo l’accordo sulle Isole minori altro maxi sequestro della finanza

Quarantotto ore dopo la firma del rinnovo dell’appalto per i collegamenti notificato all’assessorato il blocco di una quota dei 40 milioni destinati alla compagnia

amministratore giudiziario caronte e tourist

La guardia di finanza ha scritto alla Regione venerdì, esattamente due giorni dopo la notizia dell’aggiudicazione del servizio di collegamento via mare con Lampedusa e Linosa alla Caronte&Tourist per 40 milioni. Il nucleo di polizia economico-finanziaria, sezione Frodi comunitarie, ha inviato una Pec notificando all’assessorato alle Infrastrutture il sequestro preventivo di una quota del budget destinato alla compagnia di navigazione.

È un altro passaggio della tempesta giudiziaria che ha colpito il colosso dei traghetti fra la primavera e l’estate.  E riguarda sempre il caso delle tre navi impiegate nelle tratte Milazzo-Eolie e Palermo-Ustica che per i magistrati non sarebbero conformi ai requisiti dichiarati per partecipare all’appalto  (poi vinto) della Regione perché non adatte al trasporto dei disabili malgrado, sostiene la Procura di Messina, negli atti di partecipazione alla gara sia stato dichiarato diversamente dai vertici della compagnia.

Le tre navi impiegate su queste tratte – Bridge, Helga e Ulisse – erano state sequestrate a giugno. Con il nuovo provvedimento notificato all’assessorato venerdì pomeriggio la Guardia di Finanza indica ora un conto corrente al quale la Regione dovrà versare evidentemente una quota dell’appalto appena assegnato per adempiere anche alla parte finanziaria del sequestro (nel verbale viene citato un ulteriore provvedimento redatto proprio venerdì). Del quale, paradossalmente, la Regione stessa è beneficiaria visto che in base all’inchiesta la Caronte&Tourist avrebbe incassato illegittimamente finanziamenti pubblici per un servizio di collegamento che non avrebbe dovuto aggiudicarsi. In estate, quando scoppiò il caso, la somma di cui la Regione sarebbe creditrice in quest’ottica è stata stimata in una decina di milioni.

Anche per questo motivo mercoledì, quando l’assessore Alessandro Aricò ha annunciato l’assegnazione dell’appalto per Lampedusa alla compagnia del gruppo Franza, alla Regione si è discusso di questioni di opportunità. Visto che l’assegnazione di un appalto pubblico di queste dimensioni arriva proprio mentre l’inchiesta sull’appalto riguardante le tratte per le Eolie e per Ustica si avvia alle battute finali.

Un servizio completo di Giacinto Pipitone sul Giornale di Sicilia in edicola oggi

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